Al Gemelli un percorso clinico assistenziale per il colangiocarcinoma
Rendere la diagnosi sempre più tempestiva, soprattutto quando si tratta di patologie particolarmente aggressive. È l’obiettivo con cui al policlinico Gemelli di Roma è stato presentato il nuovo percorso clinico assistenziale per il colangiocarcinoma, coordinato dal professor Felice Giuliante, Direttore UOC Chirurgia Generale ed epato-biliare, e dal professor Francesco Ardito, Direttore UOS Chirurgia mininvasiva epato-biliare.
Il programma vuole essere un punto di riferimento nel trattamento di questa forma per aumentare la sopravvivenza dei pazienti che, ad oggi, a 5 anni dalla diagnosi è del 17% per gli uomini e del 15% per le donne. Il colangiocarcinoma colpisce le vie biliari e se ne conoscono due varietà principali, quella a carico delle vie biliari all’interno del fegato e quella che interessa le vie biliari extraepatiche (distinta a sua volta in perilare e distale). Sono varietà anatomiche che definiscono in realtà una famiglia di tumori molto diversi sotto il profilo molecolare e che condizionano dunque scelte terapeutiche diverse. Nella maggior parte dei casi il tumore non dà segni di sé per lungo tempo e questo rende molto difficile una diagnosi precoce. In un caso su 4, ancora oggi, il colangiocarcinoma intra-epatico viene diagnosticato ‘per caso’, cioè in occasione di esami fatti per altre patologie: per le forme extra-epatiche spesso il campanello d’allarme è dato dalla comparsa di ittero.
Tra i fattori di rischio delle forme intraepatiche vengono indicate le malattie delle vie biliari (colangiti sclerosanti, calcoli intraepatici, dilatazione congenita delle vie biliari). Sindrome metabolica, malattie croniche del fegato, fumo e abuso di alcol possono contribuire ad aumentarne il rischio di comparsa. “La scarsità di sintomi in fase iniziale e la mancanza di fattori di rischio ‘certi’ – ricorda il professor Felice Giuliante – spiegano perché nel 70% dei casi il colangiocarcinoma viene diagnosticato in fase avanzata e perché è dunque così difficile curarlo. Solo un paziente su 5 riesce ad accedere all’intervento chirurgico, che per molti rappresenta un trattamento per risolutivo. Ecco perché, anche in un centro come il Gemelli, delle oltre 3.300 resezioni epatiche eseguite (2 mila delle quali solo negli ultimi 10 anni), il 15% riguarda i colangiocarcinomi”.
Per chi non può essere sottoposto all’intervento, il trattamento prevede la chemioterapia ‘tradizionale’(spesso proposta anche ai pazienti dopo l’intervento) e/o il trattamento radioterapico. In Italia, nel 2020 sono stati diagnosticati 5.400 nuovi casi, facendo segnare un aumento del 14% rispetto al 2015. La sua complessità richiede una gestione multidisciplinare del paziente, per questo il percorso clinico assistenziale per il colangiocarcinoma presentato al Gemelli è prezioso: offrendo alla persona interessata un’unica porta d’accesso, ne garantisce una presa in carico appropriata e tempestiva, indirizzandola verso una valutazione completa. Lo scorso anno dall’ospedale capitolino sono stati dimessi 264 pazienti affetti da questa neoplasia.
Nella foto in alto: a sinistra il professor Francesco Ardito e, a destra, il professor Felice Giuliante