Uncategorized 17 Settembre 2021

Coordinamento trapianti e assistenza ai pazienti. Al via la due giorni di EPATeam

Il ruolo del coordinamento trapianti, l’assistenza al paziente, il principio etico della donazione e gli effetti che il Covid ha generato in ambito chirurgico. Sono alcuni dei temi su cui si è focalizzata la prima parte della due giorni organizzata da EPATeam al Ciocco, in provincia di Lucca, “Incontri faccia a faccia sul trapianto di fegato: opinioni a confronto”, venerdì 17 e sabato 18 settembre.

Comunicazione e supporto psicologico

Il convegno ha fin da subito provato ad accendere i riflettori non solo sulla gestione delle persone che devono sottoporsi al trapianto, ma anche sui loro timori, sul supporto psicologico di cui hanno bisogno e sul contatto costante che deve esserci tra l’equipe medica e la famiglia del paziente. Un punto interrogativo rimane ancora sui criteri di selezione che, come spiegato da Francesco Ginanni Corradini e Francesco Foschi nel corso del loro intervento su “Referral e referral back” e ribadito da Stefano Fagiuoli, “nei casi recenti esaminati nessuna indicazione è giunta da parte dei medici di base”. Tuttavia, l’approccio multidisciplinare nel coordinamento regionale trapianti rimane fondamentale. Il lato psicologico è quello su cui si è concentrata la maggior parte degli interventi della prima giornata, senza dimenticare la mediazione culturale: “Il supporto alla persona nelle prime fasi pre-trapianto deve essere seguita dalla continuità assistenziale – spiega la dottoressa Loredana Rota – che va garantita non soltanto al paziente stesso, ma anche a familiari e caregiver”.

Il valore etico della donazione

Se nonostante le difficoltà generate dalla pandemia possiamo parlare di un sistema trapiantologico in grado di reggere un urto totalmente inaspettato, gran parte del merito, oltre che agli specialisti e alle strutture sanitarie, va attribuito alla generosità dei donatori. Meglio, al principio etico della donazione. Significativa, durante la relazione della dottoressa Angelica Magrofuoco, è stata l’immagine proiettata riguardante la corsia di un reparto in Giappone: medici e infermieri erano inchinati al passaggio della salma di un paziente deceduto, a dimostrazione di quanto il gesto della donazione degli organi sia sentito e riconosciuto, in primis, proprio dagli addetti ai lavori. Ed è questa la fase in cui entra in gioco la fiducia da parte della persona e della famiglia verso l’equipe chirurgica: “Le paure richiedono valutazioni attente – spiega la dottoressa – e abilità comunicativa. Proprio la pandemia è stata per tutti noi il banco di prova più importante”.

Gli effetti del Covid e i fattori di rischio

Ma quali sono stati gli effetti del Covid in questo ambito? La chiusura degli ambulatori e la cattiva comunicazione sono spesso coincise con l’aumento della cosiddetta “telemedicina” e della dipendenza dalla rete. A livello clinico, il virus ha comportato conseguenze nella gestione dei pazienti immunodepressi. In particolare, come ricordato dalla dottoressa Luisa Pasulo, “molte delle complicanze hanno riguardato le persone affette da cirrosi, maggiormente esposte a contrarre il Covid e a tasso di mortalità crescente. Stesso discorso per coloro che si sono sottoposti a trapianto da più di 10 anni”. Ma non solo. Negli ultimi anni la componente cardiovascolare sta rappresentando la principale causa di decesso dopo l’intervento, un dato che, come emerso dalla presentazione della dottoressa Francesca Romana Ponziani, suggerisce la necessità di procedere verso un approccio personalizzato per ciascun paziente in base alle sue specifiche necessità. “Monitoraggio del rischio e valutazione dell’outcome è la strategia lungo la quale procedere – interviene il dottor Stefano Fagiuoli – per fare questo è necessario che i cardiologi vivano il rapporto con il centro trapianti per assicurare un maggior utilizzo dell’unità coronarica. I fattori di rischio a livello cardiovascolare vanno valutati sia sul breve che sul lungo termine, per la sicurezza di tutti: del paziente e degli specialisti che devono portarlo in sala”.

Gravidanza e trapianto di fegato

L’intervento della professoressa Patrizia Burra ha riguardato il tema della gravidanza e i fattori di rischio che entrano in gioco in concomitanza del trapianto di fegato. “Se i dati finora a disposizione forniscono risultati positivi sull’esito della gravidanza – spiega – è altrettanto vero che le complicanze esistono e spaziano da quelle consuete che possono subentrare nel corso dei nove mesi, fino alle conseguenze per il feto, passando per le ripercussioni generate dai farmaci immunosoppressori che vengono assunti dopo aver ricevuto il nuovo organo”. Un dato poi sulle procedure per il parto emerge da uno studio pubblicato su Liver Transplantation, secondo cui circa il 36% della popolazione femminile richiede il cesareo, mentre la percentuale sale fino al 60% per coloro che si sono sottoposte a trapianto.

A questo link è possibile consultare il programma completo della due giorni.