Focus 09 Agosto 2022

Francesco Martino Aitf Caserta: “Ricordo la telefonata per il nuovo fegato, ho ricevuto un dono inestimabile e ora voglio ricambiarlo”

“Ho ricevuto un dono inestimabile e, colmo di gratitudine, in qualche modo devo ricambiarlo”. Modi eleganti, gentilezza dei vecchi tempi smarriti, voce commossa ma ferma. È il biglietto da visita del presidente di Aitf Caserta, Francesco Martino, ex funzionario della Polizia di Stato, oggi 70 anni ma dall’età di 53 in vita grazie al fegato ricevuto da un donatore. Un dono che, oltre a restituirgli la vita, gli ha offerto anche un nuovo modo di vederla e considerarla. Ristabilire priorità, valori, tempo ma, soprattutto, impiegarla per aiutare il prossimo. Per guidare tutti coloro che, come lui, sono in attesa di ricevere o vivono grazie ad un fegato, o meglio un organo solido, ricevuto da un’altra persona. Ed è questa la mission di Aitf Caserta, nata nel 2021, grazie all’impegno di persone trapiantate che hanno avuto come unico desiderio quello di mettersi al servizio del prossimo per sostenere moralmente e fornire il necessario aiuto concreto ad adulti e bambini prima durante e dopo il trapianto. È una catena umana fatta di sacrifici, battaglie, lotte e, soprattutto, impegno per stare vicino, con la propria testimonianza, a chi attende un trapianto e, al contempo, promuovere attività di studio, formazione e ricerca nell’ambito dei trapianti di organi e della carenza di donatori.

Presidente, quando ha scoperto di aver bisogno di un fegato nuovo?
Francesco Martino, presidente di Aitf Caserta

“All’età di 53 anni con la comparsa dei primi sintomi. Fino ad allora avevo condotto sempre una vita normale, forse un pochino stressante. Dirigevo la Digos, quindi ritmi elevati, una vita senza orari stabiliti ma amavo fare sport, grandi nuotate e canoa principalmente. Posso tranquillamente dire che stavo bene fin quando, nel settembre 2004, ho iniziato a notare qualche strano sintomo.”

Di cosa si trattava?

“All’inizio, anche in seguito a primordiali accertamenti, si è pensato ad un po’ di stress e affaticamento. Poi però le mie caviglie cominciarono a gonfiarsi e così pure le ginocchia. Anche la pancia iniziava a crescere.”

Aveva forti dolori?

“Principalmente terribili crampi muscolari ma in quel momento non pensavo assolutamente di aver contratto un’infezione. Davo la colpa ad una vita sregolata. Eravamo operativi sempre in campo, ho pensato allo stress da lavoro, al fatto che non mangiavamo mai un pasto ad orari stabiliti… Invece non era esattamente così. All’ospedale di Caserta mi subito detto che avrei dovuto fare accertamenti in modo più serio. Nel frattempo, i crampi muscolari Aumentavano, non riuscivo più a camminare, mi piegavo quasi su me stesso”.

Diagnosi?  

“Affetto da epatite B che nel frattempo era diventata Delta”.

Come ha reagito a questa notizia?

“Ero sinceramente scioccato. Era iniziato un periodo molto complesso per me e la mia famiglia. In quel preciso momento io, mia moglie e i nostri tre figli maschi ci siamo resi conto che non sarebbero bastate cure farmaceutiche come avevamo ipotizzato fino a quel momento. La conferma è arrivata con la sentenza: per poter continuare a vivere avevo bisogno di un impellente trapianto di fegato, ero letteralmente agli sgoccioli”.

Qual è stata la sua prima reazione?

“Dopo lo spavento iniziale mi sono documentato moltissimo. Leggere, leggere, leggere tanto. Sono un giurista e ho esattamente traslato la mia formazione anche in questo caso personale e ignoto. Conosco l’inglese e ogni giorno leggevo decine e decine di riviste in lingua per capire come e dove venivano effettuati trapianti di fegato. Per caso sono venuto a sapere che il professor Salizzoni, luminare italiano che in quel momento si trovava in un ospedale della Corea del Sud, operava a Le Molinette di Torino e ho deciso di affidarmi a lui e alla sua equipe”

Avete lasciato tutti insieme Caserta?

“No, siamo saliti io, mia moglie e nostro figlio Vicenzo. Il mio corpo di appartenenza ci ha messo a disposizione un alloggio nella foresteria dei funzionari della Polizia di Stato a Torino, e io, nel frattempo, ho fatto 20 giorni di accertamenti, il cosiddetto bilancio, ossia tutta la parte propedeutica per esser inserito nella lista di attesa. L’ultima visita me l’ha fatta il professor Salizzoni a fine maggio del 2005”.

Quanto ha dovuto attendere prima di ricevere il fegato?
Aitf Caserta

“Direi poco. I primi sintomi si sono manifestati a settembre 2004, il 1 maggio del 2005 ero a Le Molinette per visite e bilancio e la notte dell’8 luglio alle ore 3:30 di mattina sono stato svegliato da una telefonata che non dimenticherò mai. “Signor Martino, è Le Molinette. Abbiamo un donatore. Entro mezz’ora deve essere in ospedale”. Ricordo ancora precisamente tutte le parole scandite e pronunciate. In quel momento ho capito che mi trovavo di fronte ad un bivio. La mattina del 9 luglio sono entrato in sala operatoria e dopo 9 ore di intervento ero già in terapia intensiva con un nuovo fegato”.

E dopo cosa succede?

“Ho trascorso tre giorni in terapia intensiva, i successivi otto in sub-intensiva e il 20 luglio mi hanno dimesso pregandomi di rimanere ancora a Torino in caso di bisogno. Sembrava che tutto andasse finalmente bene, invece l’ospedale mi ha telefonato per comunicarmi una complicanza, molto tipica e preventivata, alle vie biliari. Ecco che vengo ricoverato altri dodici giorni a Le Molinette e di nuovo preso in carico da eccellenti medici e professionisti sanitari. Alla fine di agosto posso però dire di aver finalmente visto la luce in fondo al tunnel: il trapianto era riuscito perfettamente”.

Cosa si prova a vivere con il fegato di un’altra persona?

“Ero abituato, in virtù del mio lavoro, a gestire situazioni emotive di un certo spessore. Ovviamente non avevo mai provato un’esperienza così forte e delicata come questa. Provo una sincera gratitudine eterna. Quando si ottiene il ritorno alla vita, quando si rifiorisce dopo aver vissuto un momento di completo appassimento si rimodula un po’ anche lo stile di vita, i valori, le priorità. Mi creda, tutte le sere rivolgo un piccolo pensiero, una preghiera al mio donatore sconosciuto. E, ogni giorno della mia vita, provo a fare il massimo per restituire al prossimo ciò che è stato fatto da me. Infatti dopo aver ripreso una vita più che soddisfacente ho avuto tante offerte di lavoro, la stessa polizia di stato, poiché dopo il trapianto non sarei mai più potuto tornare ad una vita operativa, mi ha proposto vari e magnifici incarichi. Docente nelle scuole di polizia, impiego civile all’interno delle prefetture e altri ancora. Ma seppur onorato e grato per le offerte lusinghiere, ho rifiutato qualsiasi incarico per dedicare la vita che mi resta da vivere al servizio di chi si trova ad affrontare ciò che è capitato a me”.

Ed ecco che è nata Aitf Caserta?

“Me lo faccia dire con orgoglio. A Caserta quando io sono arrivato in Aitf c’erano solo nove persone che avevano messo nero su bianco, sulla carta un momento di coesione. Adesso la nostra sede ha più di 537 iscritti. È stato un gran lavoro di squadra di giuristi come me, di medici, trapiantati, professionisti del settore sanitario. Anni di sacrifici e lotte per fare in modo che la Regione Campania acconsentisse che anche nelle aziende ospedaliere di altre provincie, non sedi di centro trapianti, ci fossero delle unità dipartimentali da adibire al follow up dei trapiantati e, perché no, sedi dove avviare epatopatici che necessitano di un trapianto”.

Ci siete riusciti?
Aitf Caserta

“A Caserta per la prima volta in Italia è nata l’unita operativa Satte (servizio assistenza trapiantati trapiantandi epatici) con un organico di 2 medici e 3 infermieri nonché 2 posti letto. In questa unità si fa tutto quello che deve essere fatto per dare la giusta assistenza ai trapiantati e a chi aspetta un trapianto attraverso anche una comunicazione continua con i vari centri della penisola. Questa è stata la più bella vittoria dell’Aitf, un traguardo che sono riuscito a raggiungere con l’aiuto di tanti medici e in particolare grazie all’amico fraterno, dottor Guido Piai”

Ma non è stata solo questa la più bella delle notizie. Vero?

“Assolutamente. In virtù di questa missione che avvolge completamente la mia vita non mi sono voluto fermare solo ad assistere i trapiantati di fegato dal momento che in ospedale ci sono anche i trapiantati di cuore e rene. Ecco che ho voluto modificare il nostro statuto e, da fine 2016, pur mantenendo sigla e loco Aitf ci siamo tramutati in associazione trapiantati di organi – Aitf ODV”

Quali i principali settori di intervento di AITF Caserta?

“Tre e ben distinti. Il primo in Azienda Ospedaliera, collaborando con i medici e infermieri, per una continua opera di sollecito e di stimolo alle autorità competenti, atta a migliorare l’assistenza dei trapiantati e trapiantandi di fegato nel loro percorso di osservazione e di controllo sanitario. Certamente poi operiamo nelle scuole con interventi di informazione sulla donazione e sui trapianti di organi perché è necessario sensibilizzare, dare notizie precise e dati certi sui prelievi di organo e sulle leggi che ne regolano il mercato e, infine, nelle parrocchie dove si radunano moltissime persone e strati sociali diversi, con manifestazioni e convegni atti a comunicare quelle informazioni sulla donazione degli organi perché diventi un messaggio altamente penetrante e significativo.

Quanti sono oggi i membri attivi? 

 “La nostra è una associazione giovane ma piena di entusiasmo e volontà di crescita: abbiamo superato i 537 iscritti, quasi tutti trapiantati e con un buon seguito di trapiantandi, a loro volta simpatizzanti e sostenitori. Dal 2001 siamo quotidianamente attivi presso l’Azienda Ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano di Caserta, nel volontariato, presso il Servizio di Assistenza ai Trapiantati e Trapiantandi Epatici (S.A.T.T.E.) istituito nel 2005 e, accreditato come UOSD dal mese di settembre 2010”.

Di cosa si occupano i volontari?

“In particolare, l’Aitf accoglie i trapiantati e i trapiantandi, orientandoli e fornendo loro supporto nel campo legislativo e assistenziale. Si tratta di un servizio che abbiamo voluto fortemente, essendo l’area casertana sprovvista di una assistenza specifica al riguardo. L’impegno dei massimi vertici dell’associazione, la costante e continua presenza di volontari nell’AORN di Caserta, la tenacia nel perseguire le finalità proprie dell’Aitf e l’impegno concreto costante, hanno permesso di far ottenere un finanziamento all’AORN di Caserta di 400.000 Euro finalizzato alla attuazione del progetto SATTE di cui abbiamo parlato poco fa. Sono molto orgoglioso di quanto abbiamo fatto fino ad oggi e di quanto continueremo a fare a beneficio del prossimo”.

L’Associazione Italiana Trapiantati di Organi – AITF – Odv è istituita presso L’A.O.R.N. Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta.

Sito web: http://www.aitfcaserta.it/

E-mail: aitfcaserta@gmail.com – Telefono: 3282007592, 3669640655

di Francesca Franceschi