Focus 03 Dicembre 2020

Il sapone antimicrobico predispone alla malattia del fegato grasso. Lo dice uno studio americano

Il triclosan, un antimicrobico contenuto in molti saponi e detergenti per la casa, predispone alla malattia del fegato grasso o, quantomeno, ne accelererebbe il manifestarsi. È quanto emerge da uno studio condotto alla San Diego School of Medicine e pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences che evidenzia un rischio di tossicità epatica per l’uomo.

La ricerca ha permesso di scoprire che l’esposizione a questa sostanza, in combinazione con una dieta ricca di grassi, causa uno squilibrio nutrizionale, con conseguente patogenesi della steatosi epatica. È stato delineato il meccanismo attraverso il quale il triclosan impone un impatto sulle reti metaboliche critiche: il significato dello studio sta nel fatto che la presenza del triclosan insieme alla prevalenza di un elevato consumo di grassi alimentari, che costituisce una buona ricetta per lo sviluppo della malattia del fegato grasso, sono fattori comuni riscontrati nella vita di tutti i giorni. Una scoperta che fornisce una base per un approccio terapeutico nel trattamento della steatosi epatica non alcolica e della steatoepatite.

Il triclosan (TCS), impiegato come antisettico e disinfettante, entra in contatto diretto con gli esseri umani attraverso una serie di prodotti di consumo e il suo crescente rilascio nell’ambiente. I ricercatori hanno dimostrato che il TCS favorisce la tumorigenesi epatica nei topi, ma i meccanismi biologici e molecolari mediante i quali il TCS esercita la sua tossicità, specialmente nelle prime fasi della malattia del fegato, sono in gran parte inesplorati. Quando i topi sono stati nutriti con una dieta ad alto contenuto di grassi (HFD), è emerso che il fegato grasso e la dislipidemia sono segni precoci di anomalia epatica indotta dal TCS. L’espressione epatica presumibilmente protettiva indotta da HFD del fattore di crescita dei fibroblasti del regolatore metabolico 21 (FGF21) è stata attenuata dal TCS.

Lo studio è stato condotto utilizzando un modello animale diabetico di tipo 1, nel corso del quale il TCS potenzia e accelera lo sviluppo di steatoepatite e fibrosi, accompagnato da un aumento dei livelli di goccioline di lipidi epatici e stress ossidativo. L’analisi dei campioni fecali ha rivelato che i topi nutriti con HFD hanno mostrato una riduzione della ricchezza di specie fecali e che il TCS ha ulteriormente diminuito la diversità microbica e ha spostato la comunità batterica verso Bacteriodetes inferiori e Firmicutes superiori, simili a cambiamenti nella composizione del microbiota nei pazienti con steatoepatite non alcolica (NASH). Utilizzando approcci genetici inversi, i ricercatori hanno dimostrato che, insieme a HFD, TCS induce steatosi epatica e steatoepatite regolate congiuntamente dal fattore di trascrizione ATF4 e dal recettore nucleare PPARα, che partecipano alla regolazione trascrizionale del gene Fgf21.

Uno studio che fornisce prove utili a collegare lo squilibrio nutrizionale e l’esposizione al TCS con la progressione della NASH.