Focus 17 Dicembre 2020

Il sistema sangue italiano è più forte della pandemia
Esperti a confronto nel webinar “Noi plasma e voi?”

La donazione volontaria e non remunerata si è confermata come un modello di sicurezza e affidabilità. Anche in un periodo particolarmente complicato come quello della pandemia. È il bilancio tracciato al termine di “Noi plasma e voi? Più donazioni per raggiungere l’autosufficienza”, il webinar di mercoledì 16 dicembre organizzato da AVIS Nazionale e dal sito Donatorih24.it.

Un appuntamento che ha seguito quello dello scorso settembre (prima ancora ci furono ad aprilemaggio) e che, oltre a ospitare i massimi esperti del settore, ha offerto occasione e spunti di riflessione su quanto questo emocomponente sia stato portato alla conoscenza di milioni di persone nei mesi critici del Covid-19, ma anche un momento per fare il punto sul tema vaccini, l’autosufficienza da farmaci plasmaderivati e il timore che tanti pazienti cronici vivono di fronte a possibili carenze e affanni del sistema trasfusionale. Moderato dal direttore di Donatorih24.it, Luigi Carletti, il webinar ha visto intervenire Gianpietro Briola, presidente di AVIS Nazionale; il Gen. B. Girolamo Petrachi, delegato del Vice Ministro della Salute, On. Pierpaolo Sileri; il prof. Francesco Menichetti, coordinatore nazionale progetto Tsunami e direttore U.O. Malattie Infettive Azienda ospedaliero-universitaria pisana; il dott. Giovanni Camisasca, referente plasmaderivazione SRC Piemonte e direttore SIMT Ospedale di Borgomanero (NO); il dott. Giovanni Musso, presidente Fidas e portavoce pro tempore CIVIS (Coordinamento Inter associativo Volontari Italiani Sangue); il dott. Alessandro Segato, presidente AIP (Associazione Immunodeficienze Primitive).

Il primo punto, probabilmente il più atteso, ha riguardato i vaccini. Come confermato dal Gen. Petrachi, “con l’inizio del nuovo anno 1500 piazze italiane accoglieranno coloro che vorranno sottoporsi alla somministrazione. Un numero considerevole per cercare di coprire in maniera capillare il territorio nazionale ed evitare assembramenti“. Ma è stato il plasma, come da titolo del webinar, il protagonista dell’incontro, così come l’intero sistema trasfusionale. Un sistema che, come ha spiegato Musso, “ha reagito bene confermando quanto la volontà dei donatori sia stata preziosa nel continuare a garantire terapie salvavita. Tuttavia sul plasma abbiamo assistito a diversi tipi di informazione: una buona, che ha tenuto conto degli studi in corso, l’altra cattiva che ha dato più spazio al sensazionalismo“. Proprio in tema di studi è intervenuto il professor Menichetti che ha annunciato la conclusione del protocollo Tsunami, lo studio nazionale comparativo randomizzato per valutare l’efficacia e il ruolo del plasma ottenuto da pazienti convalescenti da Coronavirus, avviato lo scorso maggio con l’università di Pisa come centro capofila e poi promosso da Istituto Superiore di Sanità e AIFA: “Per noi e per l’intera ricerca italiana si è trattato di un risultato straordinario. Abbiamo raggiunto il numero dei pazienti da reclutare per lo studio, quindi ora attendiamo solo che l’ISS analizzi i dati raccolti così da procedere con gli step successivi. Nonostante questo, però, è importante continuare a donare plasma per produrre derivati salvavita, non solo immunoglobuline specifiche”.

Farmaci salvavita su cui si basano le terapie di migliaia di pazienti. Come ha spiegato Alessandro Segato, presidente di AIP, infatti, “abbiamo guardato con molta preoccupazione quello che stava succedendo nel periodo della pandemia, non solo per via del nostro sistema immunitario compromesso che ci pone più a rischio di contrarre il Covid o altre infezioni, ma anche per la paura di non poter contare sugli emocomponenti. Grazie all’impegno straordinario dei donatori questo pericolo non c’è stato, ma è importante che l’autosufficienza da farmaci plasmaderivati venga raggiunta il prima possibile”. Un obiettivo che anche il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, ha indicato come comune: “Analizzando i dati della donazione registrati quest’anno possiamo dire che, nonostante l’emergenza, il sistema ha tenuto. Il 5% in meno di globuli rossi rispetto al 2019 è quasi nulla se pensiamo allo stravolgimento che tanti ospedali hanno vissuto soprattutto nella prima ondata, in cui tante attività di routine sono state sospese, compresi gli interventi chirurgici. Stesso discorso per il plasma, calato del 2-3%, un dato che è però conseguente dalla riduzione delle unità di sangue intero e quindi del plasma cosiddetto da frazionamento. Se invece analizziamo le procedure di plasmaferesi – prosegue – vediamo che il livello è stabile”. Ma quindi questo cosa significa? “Significa che il sistema della donazione volontaria e non remunerata ha permesso al nostro sistema sanitario di reggere l’urto, a dispetto di quanto avvenuto in quesi Paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, dove a fronte di una retribuzione si può donare plasma anche due volte a settimana. Ebbene, in questi territori la raccolta è crollata di circa il 30%“.

Una flessione che secondo Briola potrebbe incidere anche sul mercato dei farmaci derivati, motivo per cui “sono necessarie politiche che ci conducano il prima possibile all’autosufficienza così da rendere l’Italia più indipendente da altre nazioni, ridurre il costo di lavorazione del plasma e soprattutto, come ci ha insegnato la pandemia, evitare il rischio di nuove chiusure delle frontiere che, oltre alla circolazione delle persone, possano bloccare anche quella delle merci, medicinali compresi. Nonostante tutto questo, infine, è però doveroso ricordare come nessuno sia mai rimasto senza sangue o terapie salvavita, un risultato di cui dobbiamo ritenerci tutti protagonisti”. Il sistema sangue ha retto, ma il webinar è stato il momento in cui affrontare anche il tema della carenza di personale sanitario. Come spiegato dal dott. Camisasca, “le strutture pubbliche agiscono in modo speciale, per esempio aprendo il sabato o la domenica. Oggi rispetto al passato siamo stati molto ridimensionati sul piano delle risorse e il Centro nazionale sangue aveva proposto da tempo una riforma della struttura, centralizzando, per esempio, il numero dei centri di lavorazione. Se si dovesse riuscire a fare questo si potrebbe ricollocare il personale e iniziare quella contrattazione che il sistema trasfusionale dovrà compiere con le proprie amministrazioni. Questa è la sfida per il futuro“. Una sfida che ha rilanciato anche il presidente Briola: “Oggi paghiamo la mancanza della figura specifica del medico trasfusionista, che è uno specializzato. La medicina trasfusionale si è molto evoluta e ci sono molti vincoli normativi legati all’impossibilità per i medici di svolgere una seconda professione se lavorano per il sistema sanitario nazionale. Serve dunque una visione diversa rispetto ai medici e alle loro possibilità d’impiego, nonché avvicinare gli specializzandi al trasfusionale. In un anno ho inaugurato due centri trasfusionali associativi nei quali non abbiamo potuto iniziare la plasmaferesi per questioni burocratiche legate all’utilizzo del personale medico”.

Il coro unanime finale è stato sulla difesa del nostro sistema etico e volontario, anche alla luce degli “esempi” che avvengono da altri Paesi, come la traversata da Messico a Stati Uniti che tante donne e uomini fanno per ottenere soldi in cambio della donazione in Texas. Tutti gli esperti che hanno preso parte al webinar hanno sottolineato come “la donazione volontaria abbia consentito di mantenere le scorte sostanzialmente invariate. Il crollo vertiginoso registrato oltreoceano è la dimostrazione che quando i soldi non ci sono le persone fanno un passo indietro: i donatori italiani, ancora una volta, hanno dato un valore a questo gesto non solo sotto il profilo sanitario, ma etico e sociale. Hanno dimostrato cosa significhi far parte di una comunità. Su questo la nostra politica deve riflettere per agire concretamente e rendere il nostro sistema ancora più solido e appetibile agli occhi di chi vorrebbe entrarci per lavoro o ricerca”.