Focus 19 Dicembre 2022

Immunoterapia per il tumore del fegato, così viene stabilita l’efficacia

epatocarcinoma immunoterapia

Una firma molecolare. Sarebbe questa, in base ai risultati di uno studio pubblicato su Gastroenterology, a stabilire l’efficacia dell’immunoterapia per il tumore del fegato. Una scoperta importante a seguito della quale la Società europea per il trapianto degli organi (ESOT) ha deciso di inserire proprio questo tipo di terapia come trattamento neo-adiuvante per il cancro epatico. Un passo in avanti che potrebbe aprire la prospettiva del trapianto anche a quei pazienti che, oggi, vedono preclusa questa possibilità.

farmaci inibitori apportano benefici clinici eccezionali in una piccola frazione di pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato (aHCC), ma i meccanismi molecolari che determinano la risposta sono sconosciuti. Per colmare questa lacuna, i ricercatori hanno analizzato i tratti molecolari e immunitari dell’aHCC in pazienti trattati con inibitori del checkpoint anti-PD1. Complessivamente, 111 campioni di tumore di pazienti con aHCC sono stati ottenuti da 13 centri prima delle terapie sistemiche. È stata eseguita l’analisi molecolare e la deconvoluzione immunitaria utilizzando i dati di espressione dell’intero genoma, l’analisi mutazionale (n = 72) e la valutazione istologica con un endpoint di risposta obiettiva.

Tra gli 83 pazienti con dati trascrittomici, 28 sono stati trattati in prima linea, mentre 55 sono stati trattati dopo inibitori della tirosin-chinasi (TKI) in seconda o terza linea. I pazienti trattati in prima linea hanno mostrato un aumento della segnalazione dell’interferone-γ e della presentazione dell’antigene legata al complesso maggiore di istocompatibilità II. Gli studiosi hanno generato una firma di 11 geni (IFNAP), che cattura queste caratteristiche molecolari, che predice la risposta e la sopravvivenza nei pazienti trattati con anti-PD1 in prima linea. La firma è stata convalidata in una coorte separata di aHCC e in oltre 240 pazienti con altri tipi di tumore solido, dove ha predetto anche la risposta e la sopravvivenza. La stessa firma non è stata in grado di predire la risposta in tessuti d’archivio di pazienti trattati con TKI in prima linea, evidenziando la necessità di biopsie fresche prima dell’immunoterapia.

La segnalazione dell’interferone e i geni correlati al complesso di istocompatibilità maggiore sono caratteristiche molecolari chiave degli HCC che rispondono agli anti-PD1. Una nuova firma di 11 geni predice la risposta all’immunoterapia per il tumore del fegato avanzato in prima linea.