Focus 28 Aprile 2022

L’AISF suggerisce la quarta dose di vaccino anti-Covid nei pazienti trapiantati

Ai pazienti che si sono sottoposti a trapianto di fegato sarà importante somministrare la quarta dose di vaccino anti-Covid. Lo dice l’AISF (l’Associazione italiana per lo studio del fegato) a seguito della nota congiunta di EMA ed ECDC che aveva ottenuto anche il parere favorevole della Commissione tecnico scentifica (CTS) di AIFA. In tale comunicazione, si faceva riferimento ai dosaggi autorizzati di 30 mcg per Cominarty e 50 mcg per Spikevax, trascorso un intervallo minimo di almeno 120 giorni dalla prima dose di richiamo, per le persone di età pari o superiore a 80 anni e per gli ospiti delle RSA, nonché i pazienti fragilidai 60 anni in su.

La nota sottolinea di promuovere la somministrazione della quarta dose di vaccino anti-Covid (o seconda dose booster) in quei pazienti con marcata compromissione della risposta immunitaria, per cause legate alla patologia di base o a trattamenti farmacologici, e in quelli che si sono sottoposti a trapianto di fegato o di altro organo solido. Grazie alla campagna vaccinale, infatti, a livello globale si è riusciti ad arginare, seppur in parte, l’infezione da SARS-CoV-2, con una conseguente riduzione del rischio di ospedalizzazione, di ricovero in terapia intensiva, di necessità di ventilazione e di mortalità. Per questo l’AISF, recepita l’indicazione, sollecita gli epatologi responsabili di attività clinica relativa ai pazienti con trapianto di fegato di informarsi e informare i pazienti stessi in merito a questa procedura.

È inoltre in fase di discussione, come da nota della Regione Veneto del 3 marzo scorso, la possibilità di considerare anche la terapia con anticorpi monoclonali (tixagevimab e cilgavimab) per la profilassi pre-esposizione dell’infezione da SARS-CoV-2 nei soggetti trapiantati di fegato non responsivi a cicli vaccinali e quindi con un controllo sierologico completamente negativo. I due anticorpi sono stati progettati per legarsi alla proteina spike del virus in due siti differenti e si prevede che impediscano al virus di penetrare nelle cellule dell’organismo e di provocare l’infezione. Inoltre, vista la loro capacità di legarsi a diverse parti della proteina, l’utilizzo degli anticorpi può essere più efficace rispetto al loro impiego in monoterapia. Un regime profilattico che oggi viene preso in considerazione nei pazienti che si sono sottoposti a trapianto da non più di 12 mesi.

Tra i soggetti con marcata compromissione della risposta immunitaria per i quali viene consigliata la quarta dose di vaccino anti-Covid, ci sono i pazienti con cirrosi epatica, in particolare quelli con cirrosi scompensata e con epatite autoimmune in corso di terapia immunosoppressiva.