Focus 02 Agosto 2022

Le cause dell’insufficienza epatica e il percorso verso il trapianto

Le malattie croniche del fegato sono un’emergenza clinica e assistenziale sia a livello mondiale che nazionale. Le cause dell’insufficienza epatica possono essere varie e, quando è irreversibile, il trapianto di fegato rappresenta l’opzione salvavita fondamentale. Nel percorso di cura dei pazienti che ne sono colpiti le fasi critiche sono molte: 

  • pre-trapianto, con attenta valutazione dell’idoneità a ricevere l’organo e inserimento in lista d’attesa;
  • trapianto, con il percorso di preparazione; 
  • fase post trapianto e follow-up, nella quale si monitora l’esito dell’intervento e lo stato di salute del paziente. 

Quest’ultima fase, che dura per tutta la vita per il paziente trapiantato, è importante perché richiede un approccio integrato e un attento e continuo monitoraggio per la prevenzione del rischio. Le necessità da affrontare sono pertanto: sensibilizzare sulla donazione degli organi (un famigliare su tre dice no), una rete più strutturata tra clinici e associazioni di pazienti, una rete del referral oncologico più solida e il riconoscimento dell’epatopatia nei confronti del quale anche il medico di medicina generale deve fare la sua parte. 

Infezioni virali (Hcv/Hbu), abuso di alcolsteatoepatite non alcolica (NASH), malattie autoimmuni e malattie oncologiche sono tra le cause dell’insufficienza epatica. Nel 2019 trapianti di fegato in Italia sono stati 1.302con un aumento del 42% rispetto ai dieci anni precedenti. I dati sulla sopravvivenza post-trapianto, che pongono l’Italia tra i primi posti in Europa, dimostrano che la rete sviluppata nel nostro Paese è molto efficace. Motore Sanità, in occasione dell’evento “Il percorso ad ostacoli del malato di fegato. Focus on Trapianto di fegato”, organizzato con la sponsorizzazione non condizionante di Alfasigma ed Intercept Pharmaceuticals, ha voluto proporre un confronto sulla riorganizzazione della rete trapianti di fegato, che possa consentire un accesso uniforme a tutti i cittadini e una successiva presa in carico efficace nella gestione delle fasi più critiche del percorso. 

Ad aprire i lavori è stata Paola Binetti, Componente della XII Commissione Permanente (Igiene e Sanità) del Senato della Repubblica portando all’attenzione due temi cruciali: aumentare la cultura della donazione degli organi e potenziare la formazione del medico di medicina generale in funzione di una diagnosi precoce della malattia epatica. “La cultura della donazione degli organi – ha spiegato – va avviata nelle scuole e dobbiamo anche trovare il linguaggio adatto per fare questo nel modo migliore. Il medico di medicina generale ancora oggi non è in grado di sospettare la presenza di una malattia epatica cronica. Per questo vorremmo che una parte dei fondi del PNRR vada alla medicina territoriale ma di pari passo con una positiva, concreta ed esigente elevazione della sua competenza professionale”. 

Ivan Gardini, Presidente di EpaC, ex paziente sottoposto a trapianto di fegato per due volte, ha ammesso di aver usufruito di una sanità eccellente prima, durante e dopo il trapianto di fegato. Ha voluto sottolineare nel suo intervento il grande lavoro delle associazioni dei pazienti trapiantati che deve essere evidenziato di più e l’esigenza di un referral precoce. “Nel corso del tempo sono nate molte micro associazioni di pazienti trapiantati che si sono affiancate alla rete trapiantologica facendo un lavoro straordinario di accoglienza, di aiuto pratico per i pazienti e per le loro famiglie. Questa rete di associazioni rappresenta una grande risorsa divulgativa, ma non viene utilizzata al 100% delle possibilità”. Circa l’esigenza di un referral precoce, Ivan Gardini ha spiegato: “Ai nostri centralini giungono storie di persone che vengono bloccate all’interno di un ospedale o di un pronto soccorso o di una medicina interna e non vengono inviati in tempo alla valutazione di un centro trapianti, questo non solo rischia di far perdere tempo, ma di fare perdere la vita stessa al paziente, in special modo i pazienti con tumore del fegato”. 

Le consolidate indicazioni al trapianto si stanno riducendo e stanno crescendo due categorie di pazienti molto complesse, gli oncologici e i pazienti metabolici, che possono interessare fino al 20%-25% della popolazione – ha spiegato Stefano Fagiuoli, Responsabile della Gastroenterologia e del Centro Trapianti dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – Se si parla di prevenzione i nostri paradigmi devono cambiare assolutamente perché tutto questo avrà un impatto sull’accesso alle cure e di conseguenza sull’accesso alle ipotesi di trapianto. C’è poi un altro aspetto cruciale: l’accesso ai centri, la rete dei centri e il percorso di follow up. Ci dimentichiamo che le reti sono faticosissime da costruire, devono avere precise regole di comunicazione anche dal punto di vista contrattuale e questo non è quasi mai esistente”. 

Francesca Romana Ponziani, Ricercatrice in Medicina Interna al Dipartimento di Medicina e Chirurgia Traslazionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha messo in evidenza l’importanza di usare una comunicazione efficace sulla donazione degli organi e la necessità di un refferal strutturato ed efficace sul territorio. “E’ importante fare emergere le diverse necessità dei pazienti con malattie ed età diverse, quindi con storie differenti, spesso lunghe altre volte brevi, e questo si associa a vissuti familiari che condizionano la disponibilità alla donazioneI nostri centri dovrebbero essere migliorati dal punto della capacità di ricettività, ma anche i colleghi sul territorio dovrebbero essere messi nelle condizioni di poter fare un referral tempestivo in modo che il paziente possa essere seguito in maniera efficace”.