Focus 13 Maggio 2022

Le relazioni tra malattie metaboliche, fegato grasso e alcol

Il consumo, anche minimo, di bevande alcoliche sarebbe correlato alle malattie metaboliche e al fegato grasso. È quanto emerge da uno studio condotto dall’università di Bari in collaborazione con i ricercatori della Saarland University di Homburg (Germania) e dell’università di Pamplona (Spagna), pubblicato nei giorni scorsi sull’International Journal of Molecular Science.

La malattia non alcolica del fegato grasso (NAFLD) e la malattia alcolica del fegato (ALD) sono i disturbi epatici più comuni in tutto il mondo e le principali cause di cirrosi epatica non virale nella popolazione generale. Nella NAFLD, le anomalie metaboliche, l’obesità e la sindrome metabolica sono i fattori trainanti del danno epatico senza o con un consumo minimo di alcol. L’ALD si riferisce al danno epatico causato da un eccesso di assunzione di alcol in individui che bevono più di 5-10 unità al giorno per anni. Anche se NAFLD e ALD sono nosologicamente considerate due entità distinte, mostrano un continuum ed esercitano effetti sinergici sulla progressione verso la cirrosi epatica. L’opinione attuale è che il basso consumo di alcol potrebbe anche aumentare il rischio di malattia epatica clinica avanzata nella NAFLD, mentre i fattori metabolici aumentano il rischio di cirrosi tra i bevitori a rischio di alcol. Pertanto, un particolare interesse è ora rivolto agli individui con anomalie metaboliche che consumano piccole quantità di alcol o che si abbuffano, per il ruolo dell’uso leggero-moderato di alcol nella progressione della fibrosi e nella gravità clinica della malattia epatica. 

L’evidenza mostra che in presenza di NAFLD, non esiste un limite epatico di assunzione di alcol. “L’accumulo di grasso nel fegato – spiega il dottore Agostino Di Ciaula, primo autore della pubblicazione – è ormai la causa più comune di malattia cronica epatica e si manifesta in un soggetto adulto ogni quattro. In precedenza, la steatosi associata a malattie metaboliche, come sovrappeso, obesità, insulino-resistenza, diabete e quella da consumo di alcol, erano considerate due entità distinte. In realtà possono agire in maniera sinergica anche in presenza di minime dosi di alcol, con progressione della malattia verso forme particolarmente gravi e irreversibili come la fibrosi epatica, la cirrosi e il cancro del fegato”.

“Il termine steatosi epatica non alcolica – precisa il professor Piero Portincasa, coautore dell’articolo e Direttore della Clinica Medica “A. Murri” – comprende sia non bevitori (astemi) che bevitori di modiche quantità di bevande alcoliche (2-3 drinks al giorno). Questa situazione può causare confusione poiché le evidenze consigliano di evitare comunque il consumo anche molto modesto di bevande alcoliche, nel soggetto con steatosi epatica.  Va intrapresa una capillare educazione sanitaria sul consumo di alcolici e nel frattempo impegnarsi per arrestare la progressiva crescita epidemiologica della steatosi epatica “metabolica” nella nostra società”.