Focus 08 Luglio 2022

Nuove linee guida europee per trattare l’emocromatosi

Si tratta di una patologia poco conosciuta al grande pubblico, ma molto più diffusa di quanto si possa pensare. Consiste in difetti nel meccanismo di regolazione del metabolismo del ferro che comportano un progressivo accumulo del ferro stesso nell’organismo. Se non diagnosticata in tempo può provocare danni gravi a fegato, pancreas e cuore. In occasione del congresso della EASL (la European Association for the Study of the Liver), tenutosi a Londra nei giorni scorsi, sono emerse nuove linee guida europee per trattare l’emocromatosi. Questo il nome della malattia di cui stiamo parlando.

Si tratta di una forma genetica e, fin dall’antichità, è molto frequente in Gran Bretagna e Irlanda, mentre nel nostro Paese la sua incidenza è di circa una persona su 500 (nel Nord) e, addirittura, di una su 2000-3000 nel Centro-SudGli uomini sono colpiti quattro volte in più delle donne: si trasmette per via autosomica recessiva, quindi si manifesta solo se entrambi i genitori passano il gene malato al figlio. Ecco perché l’EASL ha incaricato un team di esperti internazionali per aggiornare le procedure per il suo trattamento, ferme al 2010. Nelle nuove linee guida europee per trattare l’emocromatosi, il primo punto da sottolineare è la sua stessa definizione, vale a dire una malattia di origine genetica caratterizzata da un aumento della saturazione della transferrina e da un progressivo sovraccarico di ferro (soprattutto nel fegato), in assenza di anemia o reticolocitosi. Questo significa che, alla base della patologia, c’è un deficit di sintesi o di funzione dell’epcidina: si tratta di un ormone prodotto dal fegato che è coinvolto nella regolazione del metabolismo del ferro.

Tale disfunzione genera l’aumento delle quantità di ferro in circolazione e il suo accumulo all’interno degli organi. Già gli esami del sangue possono essere il primo campanello d’allarme, in particolare un’eccessiva saturazione della transferrina, la proteina trasporta il ferro a midollo e tessuti. Quando parliamo di emocromatosi è proprio l’eccesso di questo ferro in circolazione che danneggia gli organi, ecco perché la diagnosi precoce è preziosa, così da dar modo allo specialista di intervenire in fase iniziale. Anche perché, l’aspettativa di vita di un paziente con emocromatosi precoce è uguale a quella di una persona sana.

Le problematiche maggiori che possono sopraggiungere quando si è colpiti da questa forma riguardano proprio il fegato, in cui il ferro in eccesso provoca fibrosi che possono poi degenerare in cirrosi e tumore. Ma non finisce qui. Dall’organo, le complicazioni si estendono alle articolazioni, al sistema endocrino, all’ipofisi e al cuore, che può vedere alterate contrattilità muscolare e conduzione elettrica. Chi ha l’emocromatosi, generalmente, presenta una colorazione della pelle tendente all’ocra.

Per giungere alla diagnosi, insomma, è sufficiente un test ematico, ma già dalle analisi di routine è bene sospettare la presenza dell’emocromatosi attraverso eventuali aumenti di sideremia, saturazione di transferrina e ferritina in condizioni di emocromo normale. Nelle nuove linee guida europee per trattare l’emocromatosi c’è poi il ricorso alla risonanza magnetica per stabilire l’accumulo di ferro negli organi e misurarne la concentrazione in particolare a livello epatico. In più, le indagini genetiche sono state estese anche a geni coinvolti in forme più rare della malattia.