Focus 10 Settembre 2021

Nuove opzioni terapeutiche contro le metastasi al fegato

Nuove opzioni terapeutiche contro le metastasi al fegato

Molti pazienti potrebbero contare su nuove opzioni terapeutiche contro le metastasi al fegato. È il risultato del protocollo sperimentale COLT grazie al quale, nei giorni scorsi, all’ospedale Niguarda di Milano è stato sottoposto a trapianto un 45enne con metastasi epatiche a seguito di un tumore al colon-retto.

Questo programma di ricerca, che come capofila ha il professor Vincenzo Mazzaferro dell’Istituto nazionale tumori, “coinvolge diversi centri italiani e ha come obiettivo quello di valutare la possibilità di trapiantare il fegato, quando questo è bersaglio di una malattia secondaria dovuta a metastasi – racconta il direttore del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare di Niguarda, Salvatore Siena – Si tratta un passo avanti importante nella cura di queste forme, basti soltanto pensare che fino a pochissimi anni fa per questi casi specifici non era immaginabile pensare a un’opzione di cura del genere”.

I criteri di selezione per accedere al trapianto di fegato in caso di tumore si sono andati via via espandendo negli ultimi anni: “Le linee guida degli anni ‘90 stabilivano che i pazienti con malattia oncologica primitiva del fegato potevano essere messi in lista solo se la massa era sotto i 5 cm o, in alternativa, se si avevano fino a tre lesioni ciascuna non più grande di 3 cm. Il tutto in assenza di metastasi a distanza e di infiltrazione vascolare – spiega in una nota il direttore della Chiurgia generale e dei trapianti, Luciano De Carlis – Nel 2020 queste indicazioni hanno subito una sostanziale integrazione con lo studio tutto italiano XXL sempre coordinato dall’Istituto nazionale dei Tumori con Niguarda parte attiva nella sperimentazione. Grazie a quella pubblicazione, l’indicazione al trapianto si è allargata anche a malattie in stadi più avanzatiOggicon il protocollo COLT facciamo un passo in più e andiamo a valutare il trapianto d’organo per quei casi in cui la neoplasia epatica è conseguenza di una metastasi di un tumore originato in un altro distretto anatomico”.

Ovviamente ci sarà bisogno di un numero significativo di casi simili trattati e di un’analisi dettagliata dei follow-up per capire se il trapianto possa effettivamente diventare una delle nuove opzioni terapeutiche contro le metastasi del fegato. Di certo la possibile apertura di questa nuova strada è dovuta ai passi in avanti fatti nella cura dei tumori sulla base del profilo molecolare. “Va sottolineato il miglioramento delle terapie oncologiche e l’affinamento della selezione molecolare, che insieme possono portare a un cosiddetto downstaging della malattia – prosegue il responsabile dell’Oncologia clinica molecolare, Andrea Sartore Bianchi – e alla regressione della stessa ad uno stadio meno avanzato, tanto da poter poi intervenire con il trapianto. Proprio questo è stato il caso del paziente operato qui nei giorni scorsi che ha ricevuto chemioterapia in associazione a un farmaco a bersaglio molecolare, trattamento che ha prodotto una regressione delle lesioni neoplastiche al fegato”.

Il Niguarda Transplant Center è uno dei pochi centri in Lombardia ad effettuare trapianti per quasi tutti gli organi (cuore, polmone, pancreas, rene, fegato), senza dimenticare i trapianti di tessuti e cellule (come ad esempio le cornee). Ad oggi sono 2.450 i trapianti di fegato realizzati a partire dal 1985I trapianti epatici portati a termine a Niguarda nel 2020 sono 120, 80 quelli realizzati da inizio 2021. Il centro ha puntato fin da subito su quelle tecniche che consentono di ottimizzare i risultati e incrementare i numeri di trapianti, come ad esempio l’intervento “split liver” e il trapianto da vivente (primo intervento italiano a Niguarda nel 2001), che grazie ad una suddivisione in due parti del fegato permette di raddoppiare gli interventi. 

Al Niguarda nel 2015 è stato effettuato il primo trapianto in Italia di fegato a cuore fermo, tecnica che consente di utilizzare anche donazioni provenienti donatori non in stato di morte cerebrale.