Quali sono le patologie del fegato che colpiscono le donne
Non c’è solo l’epatocarcinoma. Le patologie del fegato che colpiscono le donne sono diverse, molte delle quali possono manifestarsi anche durante la gravidanza. Dalla steatosi epatica alla colangite biliare primitiva, passando per colestasi gravidica, calcoli e fibrinogeno alto, proviamo a fare luce sulle forme più diffuse e sulle loro caratteristiche.
Epatocarcinoma
Gli ultimi dati presentati dall’AIOM (l’Associazione italiana di oncologia medica) indicano un aumento dei casidi tumori del fegato nelle donne italiane: oltre il 20% negli ultimi cinque anni. Nel nostro Paese uno dei territori in cui l’incidenza è maggiore è il Nord Italia, soprattutto per via del massiccio consumo di alcolrispetto al Sud, dove invece le cause andrebbero ricercate in condizioni igieniche non ottimali e che predisporrebbero al contagio del virus dell’epatite B o C. Si stima che ogni anno siano diagnosticati circa 8.900 tumori primari del fegato negli uomini e 4.000 nelle donne, con un rapporto di circa 2 a 1 tra uomini e donne.
Colangite biliare primitiva
Tra le patologie del fegato che colpiscono le donne questa è la cosiddetta “malattia al femminile”, visto che circa il 90% delle persone che ne sono affette sono donne. In Italia la stima più recente è che ci convivano circa 13mila pazienti. Si tratta di una malattia rara autoimmune che si manifesta generalmente dopo i 40 anni. Oltre ad avere il fegato come bersaglio primario, sono diverse e gravi le complicazioni a cui può portare: se non affrontata e curata adeguatamente, può rendere necessario il trapianto di fegato. Stanchezza, prurito, gonfiore addominale e problemi digestivi vengono spesso imputati ad altro e non ricondotti alla colangite in quanto tale.
Epatite autoimmune
È un’infiammazione cronica del fegato caratterizzata da anomalie del sistema immunitario. A giocare un ruolo di “primo piano” è la predisposizione genetica e rientra tra le malattie epatiche rare perché la sua incidenza è di una persona su 10mila: anche in questo caso sarebbero le donne le più soggette. I sintomi variano dalla spossatezza all’ingrossamento dell’organo, fino a nausea e vomito. Proprio perché le donne sono spesso le principali interessate, in molte si registra la mancanza del ciclo mestruale. Trascurare i sintomi può predisporre a complicanze come la cirrosi.
Fibrinogeno alto
Il fibrinogeno è una proteina sintetizzata nel fegato di cui si controllano i valori per verificare il livello di coagulazione del sangue. Impedisce il sanguinamento perché crea una vera e propria “rete” che, insieme alle piastrine, forma il coagulo. Molto spesso i suoi valori possono risultare elevati durante la gravidanzaproprio per evitare rischi per la madre e il bambino. Effettuare l’esame è una delle prassi da seguire durante i canonici nove mesi, ma serve anche per monitorare lo stato della placenta: durante la gestazione, il livello normale oscilla tra i 200 e i 400 mg/dl. Occorre però ricordare che questa condizione è comunque soggettiva, quindi è possibile imbattersi in pazienti nelle quali venga considerato normale un valore che raggiunga anche i 700 mg/dl. Sopra a questa soglia si parla di fibrinogeno alto che vede come causa più comune il peso, ma spesso può verificarsi anche a seguito di malattie infiammatorie, epatiti e patologie cardiovascolari.
Colestasi gravidica
È un’altra delle patologie del fegato che colpiscono le donne, questa in particolare durante la gravidanza. È una forma che spesso può portare a dover anticipare il parto per evitare conseguenze al feto. Il sintomo generalmente più diffuso è il prurito molto intenso che parte dagli arti superiori e inferiori per poi diffondersi sul viso e sul resto del corpo. A questo si aggiunge un colore più scuro delle urine, una lieve forma di ittero nelle sclere degli occhi (di tanto in tanto sulla pelle) e presenza di grassi non digeriti nelle feci. In più nausea, stanchezza e inappetenza. La sua incidenza sulla popolazione femminile è piuttosto bassa (i casi riguardano l’1-2% delle donne in gravidanza) e le cause possono spaziare da un accumulo di sali biliari fino a problematiche di carattere ormonale.
Calcoli biliari
È una forma piuttosto comune. Le donne che ne vengono colpite hanno necessità di un monitoraggio costante perché in caso di infezione o di ostruzione delle vie biliari a livello della colecisti o del coledoco da parte di un calcolo, potrebbero necessitare dell’intervento chirurgico: una prospettiva che non deve generare allarmismo, in quanto tendenzialmente sicuro sia per la paziente che, se in gravidanza, per il feto.
Steatosi epatica
I sintomi possono variare dalla nausea, al vomito fino all’ittero. Rischia di peggiorare fino all’insufficienza epatica: la diagnosi si basa sulla valutazione clinica, i test di funzionalità epatica e altri esami del sangue, senza dimenticare la biopsia epatica che può confermare se ci si trova di fronte a questa forma o meno. È una condizione a cui prestare particolare attenzione se la diagnosi avviene durante la gestazione, tanto da portare lo specialista anche a consigliare l’interruzione della gravidanza stessa. È infatti purtroppo inevitabile considerare il rischio elevato di decesso non solo per le donne, ma anche per il feto.
Epatite B
È una delle forme che possono essere trasmesse al feto se la paziente è incinta. Può avvenire dopo il parto se il bambino non viene immediatamente vaccinato e profilassato con le immunoglobuline specifiche o se la mamma nel terzo trimestre non riceve farmaci antivirali per ridurre il rischio di trasmissione al feto. La maggior parte dei piccoli che vengono infettati, a parte una lieve disfunzione epatica, non presentano sintomi ma hanno elevatissima probabilità di diventare dei portatori cronici del virus in grado quindi di contagiare gli altri. Sottoporsi agli esami per individuare l’epatite è necessario per tutte le donne in gravidanza così da poter intraprendere tutti i percorsi necessari per impedire il contagio. Più complesso il quadro di coloro che sono affette da epatite cronica, in particolare se associata alla cirrosi.