Focus 23 Aprile 2020

Trapianto, i farmaci anti rigetto non favoriscono
il contagio da Covid-19. Lo dice una ricerca dell’INT

La terapia di immunosoppressione post trapianto non aumenta il rischio di contrarre il Covid-19. È quanto emerso da una ricerca effettuata dall’INT (l’Istituto nazionale dei tumori) di Milano su pazienti che si sono sottoposti al trapianto di fegato e che è stata pubblicata sulla rivista Lancet Gastroenterology & Hepatology.

Lo studio, intitolato “COVID-19 in long-term liver transplant patients: preliminary experience from an Italian transplant centre in Lombardy”, è tra i primi al mondo nell’aver cercato una correlazione tra il Coronavirus e le persone trapiantate, in quanto ha preso in esame i pazienti che hanno ricevuto un fegato nuovo e che hanno contratto il virus. I ricercatori hanno osservato che la malattia ha fatto registrare un decorso peggiore in quei soggetti che, a distanza, hanno mantenuto uno stile di vita non sano, cioè persone in sovrappeso, che praticano poca attività fisica, ipertese o tendenti a sviluppare il diabete.

Di contro, quelli che, dopo il trapianto, hanno assunto massicce dosi di immunosoppressori, avendo seguito con maggiore attenzione le indicazioni mediche di mantenere stili di vita volti a non sviluppare malattie metaboliche, hanno visto un decorso lieve della malattia da Covid-19. Ma perché tutto questo? Come ha spiegato il professor Vincenzo Mazzaferro, Direttore della Struttura di Chirurgia dell’Apparato Digerente dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e coordinatore dello studio, “avere un sistema immunitario meno attivo, come quello generato dai farmaci immunosoppressori, pare determini una risposta più contenuta al Coronavirus e dunque un decorso della malattia e di un eventuale aggravamento da polmonite interstiziale meno severo. Nei trapiantati l’immunosoppressione è normalmente associata ad un maggior rischio di infezioni, soprattutto batteriche, tuttavia il COVID-19 non sarebbe però favorito direttamente dall’uso dei farmaci anti-rigetto che, invece, potrebbero contenere l’iper-reazione che il sistema immunitario a volte scatena contro il virus, facendo esplodere il quadro di polmonite interstiziale che si osserva nei pazienti gravi”.

Un risultato che, se confermato su un campione maggiore di persone (lo studio ha coinvolto 155 pazienti trapiantati all’Int), potrebbe aprire le porte alla sperimentazione di una immunosoppressione leggera come protezione dalla “tempesta immunologica” che si scatena nei pazienti che contraggono il Covid-19. Tuttavia, conclude una nota dell’Istituto, “i dati preliminari ci dicono che il rischio di contrarre il virus nei pazienti trapiantati sembra non essere peggiore di quello della popolazione generale”.

Nel 2019 in Italia sono stati effettuati 3.813 trapianti d’organo. Il numero maggiore di trapianti complessivi ha riguardato il rene (2.137), seguito dal fegato (1.302), il cuore (245 interventi), polmone (153) e pancreas (42).

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