Focus 19 Gennaio 2022

Tumori primitivi del fegato: quali sono e come trattarli

Epatocarcinoma e colangiocarcinoma. Sono i due tumori primitivi del fegato più diffusi. Il primo, molto comune, si sviluppa nelle cellule epatiche (epatociti), mentre il secondo è particolarmente pericoloso: coinvolge i colangiociti, i dotti biliari tra fegato e intestino, per poi attaccare il fegato stesso nel suo interno (forma che viene chiamata colangiocarcinoma intraepatico) o al suo esterno (colangiocarcinoma extraepatico).

Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, dopo aver analizzato l’associazione di atezolizumab (immunoterapico) con bevacizumab (antiangiogenico), ha mostrato un miglioramento in termini di sopravvivenza rispetto a sorafenib, il medicinale che da circa dieci anni rappresenta il trattamento standard per i casi di epatocarcinoma. Tuttavia, sono diversi i protocolli allo studio su nuove combinazioni di farmaci per trattare questo tipo di neoplasia in fase avanzata, tenendo presenti anche le caratteristiche dei singoli pazienti.

Con diagnosi spesso tardiva, è invece il colangiocarcinoma. In circa il 70% dei casi, infatti, viene individuato quando ormai è troppo avanzato e qualsiasi ipotesi di trattamento o risposta alle terapie risulta ridotta. Un approccio multidisciplinare è necessario per i pazienti che ne sono colpiti, anche perché ogni forma può rivelarsi diversa da un’altra: ecco perché è importante ottenere consulti da epatologi, chirurghi, oncologi o radiologi interventisti. La chirurgia, con la rimozione completa del tumore, è oggi il principale trattamento, ma solo il 20-40% risulta resecabile al momento della diagnosi. Inoltre può capitare che la neoplasia produca delle recidive. Nei soggetti che non possono sottoporsi all’intervento, la chemioterapia è il trattamento prioritario, pur con gli effetti collaterali che genera. 

Una nuova strada per il trattamento dei tumori primitivi del fegato, nella fattispecie del colangiocarcinoma, è rappresentata dallabiologia molecolare, in grado di identificare specifiche mutazioni nei pazienti e valutare percorsi personalizzati per ciascuno. Quella che viene chiamata oncologia di precisione.