Focus 06 Dicembre 2022

Un documento per la gestione dell’epatite Delta

Favorire la diagnosi, identificare i test più importanti e capire come trattare il paziente. Sono solo alcune delle indicazioni contenute nel Documento di indirizzo per la gestione dell’epatite Delta che è stato presentato da SIMIT (Società italiana di malattie infettive e tropicali) e AISF (Associazione italiana per lo studio del fegato).

Il testo si articola attraverso alcuni punti chiave: vi sono indicazioni per favorire la diagnosi attraverso test specifici, affrontare la stratificazione della severità della malattia attraverso metodi non invasivi e informazioni su come trattare il malato. Il lavoro ha anche un risvolto politico-amministrativo, in quanto suggerisce che i pazienti affetti da epatite Delta siano seguiti da centri epatologici altamente specializzati, quali quelli ad oggi identificati per il trattamento dell’epatite C, e in stretto contatto con centri di trapianto di fegato nel caso in cui la progressione della malattia porti a questa strategia.

Questa forma si manifesta solo nelle persone affette da epatite B (HBV), ma è particolarmente virulenta e si caratterizza per il grande sommerso che si fatica a far emergere. Meno di un paziente su due con HBV è testato per la Delta. Anche nei centri epatologici spesso c’è poca formazione su una malattia per la quale sono sufficienti semplici esami del sangue per essere diagnosticata. Si stima che nel mondo ci siano 10-20 milioni di soggetti infetti e che circa il 10% di tutti coloro con epatite B abbia anche la Delta. In Italia sono circa 15mila.

Come ha spiegato Alessio Aghemo, segretario AISF, “l’idea alla base di questo lavoro congiunto è quella di costruire un punto di riferimento che si aggiorni continuamente, attraverso le novità della ricerca e con le innovazioni nelle molecole disponibili. La gestione dell’epatite Delta è importante perché non si tratta solo della forma più grave di epatite virale esistente, con capacità di provocare cirrosi ed epatocarcinoma con tassi molto più elevati rispetto alle altre epatiti, ma è soprattutto una patologia contro cui gli strumenti terapeutici sono limitati. A breve verrà introdotto in Italia, rimborsato da AIFA, un nuovo farmaco, bulevirtide, che permetterà di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti, permettendo di trattare anche senza interferone soggetti che prima non potevano ricevere alcuna terapia. Per ora è possibile solo un accesso compassionevole, ma ci aspettiamo approvazione e rimborsabilità nei primi mesi del 2023 per poter intervenire quanto prima su queste persone”.