Focus 01 Agosto 2022

Un nuovo test per la diagnosi precoce dell’epatite C

Sarà disponibile in Italia da settembre Elecsys HCV Duoil nuovo test per la diagnosi precoce dell’epatite C. Si tratta di un metodo che, attraverso un campione di plasma, non solo riesce a identificare gli anticorpi, ma contemporaneamente è in grado di riconoscere l’antigene del virus così da rilevare l’infezione già dalle fasi iniziali.

Come è noto, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha fissato al 2030 il termine per l’eradicazione completa, a livello mondiale, del virus: in linea con questo obiettivo globale, sono sempre di più gli studi volti a definire programmi di screening di ultima generazione per individuare il maggior numero possibile di casi sommersi. Ad oggi la procedura più diffusa consiste in un test sierologico per misurare il livello di anticorpi anti-HCV: è utile per stabilire se si è affetti da epatite C, ma non per stabilire se l’infezione sia pregressa o ancora in corso. Per raggiungere questo obiettivo è necessario procedere con un altro tipo di esame che si chiama HCV-RNA: consiste in una misurazione della carica virale, vale a dire della quantità di particelle virali presenti nel sangue con la quantificazione dell’RNA.

Il nuovo test per la diagnosi precoce dell’epatite C, invece, può dare le risposte a questi quesiti con un solo prelievo: Elecsys HCV Duo rileva anticorpi del virus e antigene core. Proprio quest’ultimo è presente dall’inizio dell’infezione, quindi rappresenta un prezioso marcatore in grado di capire se la replicazione virale è in corso. La sua capacità predittiva, inoltre, lo rende efficace anche per prevenire la trasmissione dell’HCV durante trasfusioni e trapianti di cellule e tessuti e, conseguentemente, di agire in maniera precisa e tempestiva sui pazienti che ne sono colpiti con terapie adeguate.

La diffusione dell’epatite C avviene tramite il sangue, specie con lo scambio di siringhe contaminate. Meno frequente la trasmissione per via sessuale o da madre a figlio al momento del parto. Il rischio più temuto è la cronicizzazione della patologia: condizione riscontrata in molti pazienti che non vengono sottoposti a terapia in quanto spesso asintomatici e che risulta molto frequente a seguito dell’infezione acuta. Da qui conseguenze gravi come cirrosi e tumore del fegato (uno su quattro è diretta equivalenza di un’epatite C cronica). Anche tatuaggipedicure e piercing, nonché procedure sanitarie praticati senza il rispetto e la corretta applicazione delle norme igieniche necessarie ad evitare il contagio, possono trasmettere l’epatite C, come pure l’impiego promiscuo di rasoio e spazzolino da denti.