Focus 19 Luglio 2022

Una rete per la gestione delle malattie epatiche autoimmuni

Creare una rete interregionale per gestire le malattie epatiche autoimmuni. È quanto hanno chiesto i pazienti in occasione del webinar “Il percorso a ostacoli del malato di fegato” organizzato da Motore Sanità. L’appuntamento ha permesso di puntare i fari su quelle forme croniche che, essendo a bassa prevalenza, comportano un atteggiamento diverso sia dal punto di vista formativo che di collegamento tra medicina generale e medicina specialistica. 

Queste malattie sono in rapida evoluzione sul fronte delle conoscenze scientifiche, dell’inquadramento dei pazienti e delle terapie, anche grazie alla crescita di network tra specialisti (anche multidisciplinari) e database condivisi. I farmaci per le malattie rare hanno un tetto di spesa relativo e questo non può essere un ostacolo alla diffusione dei nuovi farmaci. In tutto questo, le associazioni di pazienti chiedono a gran voce una rete epatologica regionale per fornire agli ammalati il miglior percorso di diagnosi e cura. Ma capiamo nel dettaglio di cosa stiamo parlando. 

Le malattie epatiche autoimmuni dell’adulto sono la colangite biliare primitiva (PBC), l’epatite autoimmune (AIH), la colangite sclerosante primitiva (PSC) e la malattia epatica IgG4 mediataSono considerate relativamente rare, la cui prevalenza nella popolazione europea è inferiore all’1%, anche se i dati epidemiologici disponibili non sono sicuramente accurati. Tutte queste patologie, se non diagnosticate e non curate adeguatamente, progrediscono in termini di severità clinica sino alle fasi di cirrosi scompensata e, caratteristica della PSC, al colangiocarcinoma. Il punto della situazione è stato fatto da Pierluigi Toniutto, Direttore Unità di Epatologia e Trapianti di Fegato ASUI Udine: “Nonostante esistano dei test di laboratorio e di diagnostica per immagini molto sensibili e specifici per la loro diagnosi, le malattie epatiche autoimmuni sono sicuramente sotto-diagnosticate se non nei casi, comuni solo nella AIH, di presentazione clinica come epatite acuta. Questo giustifica l’osservazione che nonostante oggi disponiamo di terapie efficaci per la cura di tali forme, tranne la PSC, la percentuale dei conseguenti trapianti eseguiti non sia diminuita negli ultimi 10 anni, attestandosi in Europa al 10%. Il coinvolgimento e la sensibilizzazione del medico di medicina generale per la diagnosi precoce è di primaria importanza, in quanto nella maggior parte dei casi per lungo tempo rimangono asintomatiche e possono essere sospettate solo sulla base della alterazione dei test di funzione epatica”.

In Sicilia, sulla scorta dell’esperienza e al successo della rete costituita per l’HCV, si è attivata alla fine del 2020 una rete, la Sintesi PBC, Sicilian Network for Therapy, Epidemiology and Screening in Hepatology. È stata presentata da Vincenza Calvaruso, Professoressa Associata Sezione Gastroenterologia Università degli studi di Palermo: “La rete è uno strumento fondamentale per condividere le strategie, per ottimizzare le risorse, per accrescere la consapevolezza delle malattie, per avere dati sull’epidemiologia e consentire più equità nell’accesso a diagnosi/cure – ha spiegato – Obiettivi della rete sono: avere dati più chiari sull’epidemiologia, identificare i fattori di risposta alla terapia di prima linea, valutare l’efficacia del trattamento di seconda linea, identificare predittori nuovi di eventi, di progressione verso la cirrosi ed eventuali eventi di scompenso, valutare comorbidità e rischio vascolare, standardizzare la gestione dei sintomi di questi pazienti. La rete include tutti i pazienti con malattie croniche di fegato divisi per eziologia e la parte dedicata alla PBC è una piattaforma web che registra tutti i pazienti diagnosticati nei 13 centri siciliani. Sono 430 le persone inserite con caratteristiche di base simili a delle coorti già esistenti”.

I pazienti sono stati rappresentati da EpaC e da AMAF Onlus. Marco Bartoli, Responsabile accesso nuovi farmaci di EpaC, ha spiegato la necessità di costituire una rete epatologica regionale e fare più informazione: “Molto spesso i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) si limitano ad aree molto ristrette e a frammentare il mondo epatologico, per questo servirebbe realizzare una rete in cui vengano individuati i passi del paziente e i centri di riferimento. Infine, possiamo creare i percorsi che vogliamo, ma è la comunicazione il nodo cruciale: c’è difficoltà nel reperire le informazioni e nel metterle a disposizione dei pazienti e dei centri di eccellenza”.