News 27 Settembre 2018

Tumori dagli organi di un solo donatore
Caccamo: “Rarissimo, le regole sono valide”

Una donna di 53 anni, morta a causa di un ictus cerebrale, avrebbe trasmesso una patologia oncologica a quattro persone che hanno ricevuto i suoi organi: reni, fegato e polmoni.

Ogni ricevente avrebbe manifestato lo stesso tumore in un periodo compreso tra i 16 mesi ed i 6 anni dopo il trapianto.

Tre di loro sono morti a causa della diffusione del tumore. Il quarto è stato sottoposto alla rimozione del rene trapiantato, ha quindi interrotto la terapia antirigetto ed è stato sottoposto a ripetuti cicli di chemioterapia. A fronte della presenza di metastasi al momento della diagnosi, questo paziente ha risposto alle cure ed è vivo e libero da malattia tumorale da 5 anni.

Gli studiosi hanno potuto confermare attraverso il test del DNA, che ha definito la comunanza dei 4 profili genetici delle neoplasie con quello della donatrice, come tutti i tumori generati nei riceventi provenissero dal donatore.

Secondo gli esperti si tratterebbe del primo caso di trasmissione di cancro a quattro riceventi di trapianti. Lo studio ha sottolineato come gli screening ai quali vengono sottoposti gli organi da trapianto riescano ad identificare eventuali neoplasie nella maggioranza dei casi.

La probabilità di trasmissione di un cancro da donatore a ricevente è di 1 su 10.000.

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Il commento del dottor Lucio Caccamo, U.O. Chirurgia Generale e Trapianti di Fegato – Fondazione IRRCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico, Milano – Coordinatore Faculty Epateam

Leggendo l’articolo scientifico richiamato si acquisisce l’informazione che la donatrice aveva presumibilmente un tumore mammario e che è stato questo cancro a svilupparsi in tutti i riceventi degli organi prelevati dalla donatrice in questione.

Il primo paziente a sviluppare il tumore di origine mammaria è quello dei due polmoni, dopo 16 mesi dal trapianto.

I medici di questo paziente riescono a dimostrare che la malattia è stata trasmessa dalla donatrice e il caso viene segnalato alla rete dei trapianti per allertare i medici che hanno in cura gli altri riceventi degli organi della stessa donatrice.

Ognuno di questi pazienti riceve decisioni differenti in virtù della propria individuale situazione e in tutti si manifesterà la malattia.

Solo uno dei quattro pazienti viene registrato nell’articolo come vivo e libero da malattia da cinque anni, mentre fra i tre che sono deceduti a causa del tumore, uno era rimasto libero da malattia per tre anni.

Nella donazione degli organi da cadavere lo stato del donatore non può mai essere certificato con certezza. Questa condizione è nota e non è risolvibile.

A differenza del donatore vivente, che può essere intervistato approfonditamente sulle sue condotte di vita e sulla sua storia medica, lo stato del cadavere che viene valutato per definirne l’idoneità alla donazione degli organi è dedotto dalla raccolta delle informazioni riferite dai familiari e dall’esito degli accertamenti condotti.

Quest’ultimi sono rivolti a escludere la presenza di malattie potenzialmente trasmissibili, ossia infezioni e tumori.

Ci sono dei limiti in questa condotta: i tempi per porre in atto tali accertamenti sono brevi (le donazioni si svolgono anche di notte e anche nei giorni di festa, allorquando non tutte le diagnostiche sono disponibili; alcune diagnostiche richiedono lunghi tempi di elaborazione rispetto ai tempi stretti della donazione) e – particolare di non poco conto – anche la medicina moderna non è in grado di dimostrare la presenza di malattie al loro esordio.

Tuttavia, a fronte di queste reali difficoltà, da ormai molti decenni vengono effettuati numerosi trapianti di organi ed i casi di trasmissione di malattia da donatore a ricevente rimangono rari, come citato nell’articolo.

In Italia le linee guida del Centro Nazionale Trapianti classificano il rischio di trasmissione di malattia con la donazione degli organi sulla base di tre soglie di rischio.

Nei casi in cui al donatore non venga riscontrata alcuna malattia, la soglia di rischio di trasmissione di malattia da donatore a ricevente viene definita standard.

Questa è la soglia di rischio più bassa e non viene catalogata come zero.

Infatti in tutti i casi di donazione da cadavere in cui non si riscontrano malattie si può non essere stati in grado di riconoscerne la presenza e questa situazione può determinare la trasmissione di malattia sconosciuta da donatore a ricevente, come è successo nel caso dell’articolo.

Quando al donatore viene riscontrata una malattia, questa rientrerà – sulla scorta di un approfondito lavoro di valutazione dell’evidenza scientifica derivata dalla descrizione di casi come quello segnalato – in due categorie: le malattie per le quali il rischio di trasmissione è elevato e quelle per le quali il rischio di trasmissione è basso.

La soglia di rischio più alta è definita come non idoneità alla donazione: in questi casi il beneficio apportato dal trapianto è considerato inaccettabile perché verrebbe vanificato dal rischio di trasmissione della malattia.

Nei casi nei quali il donatore presenti una malattia a basso rischio di essere trasmessa, la soglia di rischio è definita non standard.

In queste situazioni si stima che il beneficio derivante dall’avvenuto trapianto sia maggiore del rischio, che viene stimato basso, di una trasmissione di malattia. 

Tornando al caso descritto nell’articolo scientifico, la donatrice all’epoca del prelievo multiorgano era stata giudicata idonea alla donazione perché non si era diagnostica alcuna malattia potenzialmente trasmissibile, era quindi un donatore a rischio standard di trasmissione di malattia.

Con il senno di poi, la malattia che la donatrice presumibilmente aveva all’epoca della sua morte  era tale da dover escludere la fattibilità della donazione: il tumore mammario, infatti, rientra nei casi in cui si certifica la non idoneità alla donazione degli organi.

Si rende così evidente – e nel caso in ispecie in maniera drammatica – l’assunto di base che caratterizza la trapiantologia: la certezza sullo stato di ogni singolo donatore cadavere è ottenibile solo tramite l’osservazione a posteriori dello stato di salute dei pazienti trapiantati; se il loro decorso sarà libero da patologie di nuovo riscontro il loro donatore era sano, quando compare in loro una nuova malattia occorre verificare se essa non sia di origine del donatore.

Queste situazioni sono rarissime, a dimostrazione che le regole sono valide.

In questo caso è compito del medico allertare la comunità trapiantologica (in Italia, la Rete Nazionale Trapianti) per consentire di verificare lo stato di salute dei riceventi degli altri organi del medesimo donatore.