Alcol

Quali sono gli alimenti che condizionano il buon funzionamento del fegato?

Oltre a rappresentare l’organo più voluminoso del corpo umano, il fegato può essere paragonato ad un vero e proprio ‘accumulatore’ chimico/energetico.

Uomini e donne sono in grado di sopravvivere ad interventi chirurgici che prevedono l’asportazione totale del pancreas o dello stomaco ma non possono fare a meno del fegato.

La sua ‘attività’ si differenza in più compiti: dal metabolismo degli zuccheri a quello dei grassi nonché all’eliminazione dal circolo sanguigno di tutte le scorie (tossine) dannose all’organismo fungendo così da enorme filtro.

È altresì importante per la produzione della bile – fondamentale nel processo di scissione ed assorbimento intestinale dei lipidi e delle vitamine – per la scissione degli aminoacidi – i mattoncini costituenti le proteine – e nella regolazione e normalizzazione delle quantità ormonali.

Il fegato risente in maniera diretta dello stile di vita, specie in condizioni in cui le persone facciano uso di tabacco, siano consumatori di bevande alcoliche o abusino dei farmaci; ricorrano a droghe ed altre sostanze stupefacenti; mantengano un regime dietetico eccessivamente sbilanciato in cibi troppo grassi e fritture, o anche solo presentino un consumo di cibo eccessivo rispetto al consumo energetico personale quotidiano (quando ingrassiamo anche il fegato ingrassa e si ammala di steatoepatite non alcolica, una delle malattie del benessere).

Per capire meglio quale sia la correlazione diretta tra alcol e fegato, occorre partire da alcune, essenziali informazioni sul meccanismo d’azione delle bevande alcoliche.

In Italia, l’alcol (Fonte: Polizia di Stato) è la seconda causa riscontrabile nelle gravi malattie epatiche.

Le conoscenze a tutt’oggi disponibili non consentono di chiarire e decifrare quale sia la giusta quantità di alcol in termini di sicurezza per la salute del singolo individuo.

Traducendo in parole povere è possibile indicare alcuni parametri d’assunzione validi per le persone adulte sane durante i pasti principali.

Parametri che non devono essere mai ignorati.

La stima del consumo giornaliero di alcol può essere eseguita mediante una unità arbitraria, denominata unità alcolica (UA) o drink.

L’UA corrisponde a 12-13g di etanolo puro che è la quantità contenuta in un bicchiere di vino da 125 mL, o in 330 mL di birra o in 40 mL di superalcolico.

Il limite di assunzione giornaliera varia in base alla capacità di metabolizzazione epatica, che differisce in base a sesso ed età, ed è ritenuto essere di massimo 20g/die per la donna adulta e 30 g/die per l’uomo adulto.

Quindi sono consentiti al massimo, quando si è adulti ed in buona salute, 1 bicchiere di vino oppure una lattina di birra oppure un drink di superalcolici per pasto principale (ossia al massimo due volte al giorno) per l’uomo e la metà per la donna.

Queste quantità devono essere ancora e sensibilmente ridotte negli anziani e nei giovani, a causa della fragilità generale nei primi e dell’immaturità dell’organismo nei secondi, fattori che espongono ad una maggiore sensibilità ai danni da alcol.

Sugli effetti benefici dell’alcol la pubblicistica si è a dir poco sbizzarrita, contribuendo a diffondere nozioni ‘fasulle’ e tali da indurre in errori tutt’altro che trascurabili.

NON È VERO che l’alcol aiuti il processo digestivo (infatti lo rallenta)

NON È VERO che l’alcol faccia buon sangue (l’alcol può indurre anemia e innalzamento dei livelli di grasso circolante)

NON È VERO che l’alcol disseti come altre bevande

NON È VERO che l’alcol aiuti le persone dopo aver subito uno shock (in verità causa un minor afflusso di sangue al cervello)

NON È VERO che l’alcol aumenti la forza di chi ne fa uso

NON È VERO che l’alcol aiuti a tirar su il morale; a fronte di un’iniziale sensazione di benessere subentra – se si continua a bere – uno stato di disagio e ‘depressione’.

La malattia epatica alcolica è frutto di un disagio psicologico a seguito del quale il malato si rifugia nel consumo di alcolici per tranquillizzarsi e sentirsi meglio.

In realtà il consumo smodato di alcolici lo farà ammalare e solo quando la malattia diventerà evidente con lo scompenso epatico il quadro arriverà all’osservazione medica.

Questa delicata situazione richiede la percezione del problema da parte del paziente che deve sentirsi nella condizione di richiedere aiuto e di farsi aiutare.

I familiari e gli amici sono il supporto principale, ma la dipendenza dall’alcol può essere superata nel tempo solo se ci si mette in cura presso gli specialisti psicologi del settore, attraverso i gruppi di ascolto e le comunità dedicate.

Inoltre occorre essere determinati a proseguire nel tempo un’accorta vigilanza che deve andare di pari passo con la voglia del paziente di uscire dall’abuso per sempre, perché lo ha identificato come la fonte dei propri problemi di salute, oltre che sociali.