Attività fisica

Fare attività fisica aiuta il fegato

Sono i Paesi a maggiore grado d’industrializzazione le realtà sociali in cui si registra un significativo incremento delle malattie epatiche a ‘sfondo metabolico’. Ad esserne ‘colpite’ soprattutto le persone in sovrappeso e che conducono una vita sedentaria.

L’intera comunità medico-scientifica mondiale ha più volte insistito su come la prevenzione di molte patologie – ad iniziare da quelle di natura cardiovascolare – non possa prescindere da una corretta alimentazione, dall’eliminazione del fumo, dal contenimento/riduzione del consumo di bevande alcoliche e, non ultima, da un’adeguata attività fisica.

Il buon funzionamento del fegato non sfugge dalle medesime ‘considerazioni’ o, per essere più corretti, dagli stessi suggerimenti. Rappresentando l’organo principale del metabolismo umano, il fegato è il primo a beneficiarne in pieno.

Il mantenersi attivi ha molteplici effetti positivi: tra cui, a titolo d’esempio, l’abbassamento delle quantità di trigliceridi nel sangue. Un’alta concentrazione di questi grassi (o lipidi), a lungo andare è responsabile di un’alterazione patologica che gli specialisti chiamano fegato grasso (steatosi epatica non alcolica, NAFLD).

Sulla base di studi recenti si stima che il fegato grasso sia una condizione non fisiologica presente in circa il 30% della popolazione generale. Condizione, lo ricordiamo, che se trascurata rischia di trasformarsi in infiammazione cronica (steatoepatite non alcolica, NASH) e, successivamente, in cirrosi innalzando i rischi di neoplasie epatiche.

Di steatosi epatica non alcolica in letteratura gli esempi più numerosi si registrano nei soggetti obesi. Ed è proprio in riferimento a tale aspetto che alcuni ricercatori australiani – Università di Sidney (Fonte: curiamoilfegato.it) – hanno evidenziato l’utilità dell’attività fisica, anche in assenza di calo ponderale (così da contribuire comunque, efficacemente, ad evitare o far regredire lo status patologico).

In buona sostanza, i pazienti che provenendo da uno stile di vita sedentario aumentano – seppur di poco ma con regolarità – la loro predisposizione all’attività fisica aerobica – dice lo studio australiano – ‘dimostrano’ un minor rischio di sviluppare il fegato grasso.

C’è altro. Nel maggio del 2017, al Congresso europeo sull’obesità svoltosi a Porto (Portogallo) (Fonte: repubblica.it), uno studio (condotto da Dan Cuthbertson dell’Università di Liverpool) ha messo in risalto i benefici per la salute del fegato derivanti da tutte le attività fisiche svolte nell’arco della giornata: in altre parole, contro il fegato grasso ogni tipo di attività concorre al suo benessere.

Quindi pure in situazioni di esercizio ‘non strutturato’ nel vero senso della parola.

E con chiari riflessi  – usiamo questo termine per risultare meglio comprensibili – sul metabolismo nel suo insieme e sulle quantità di grasso all’interno degli epatociti (le cellule del fegato).

Lo studio oltre a ribadire ancora una volta l’imperativo del movimento contro i danni da troppa ‘pigrizia’, si pone in un’ottica di lettura più ampia affermando: “La quantità di tempo che spendiamo in attività strutturate non predice lo stato di salute; quel che osserviamo è un trend emergente per la quantità totale di esercizio fisico svolto che indica come muoversi di più durante il giorno sia più importante”.

I SOGGETTI EPATOPATICI

Per quanto riguarda i soggetti epatopatici – a loro volta distinti in alcune categorie a seconda della gravità della malattia (epatite acuta severa, risoluzione di epatite acuta, epatite cronica stabilizzata, epatite cronica attiva, cirrosi compensata senza ipertensione portale, cirrosi con ipertensione portale o cirrosi scompensata) – l’indicazione da seguire rimane invece lo stretto rapporto con il medico curante circa la possibile, normale attività aerobica; una possibile, blanda attività aerobica o una preferibile/consigliata astensione da ogni pratica.