Focus 13 Settembre 2022

Le opzioni per il dolore cronico nella cirrosi

Esercizio fisico, interventi comportamentali, dieta alimentare corretta e igiene del sonno. Sono alcune delle opzioni che potrebbero contribuire a ridurre il dolore cronico nella cirrosi. O quantomeno è ciò su cui si è concentrato uno studio condotto all’università di Miami e pubblicato sulla rivista Hepatology.

Il dolore cronico nella cirrosi è associato a una scarsa qualità di vita correlata alla salute e a un cattivo stato funzionale. Tuttavia, le indicazioni sulla gestione appropriata di questa condizione nei pazienti sono limitate e il trattamento farmacologico può essere dannoso, portando a esiti avversi, come emorragie gastrointestinali, lesioni renali, cadute ed encefalopatia epatica. Il disagio può essere classificato meccanicamente in tre tipi: nocicettivo, neuropatico e nociplastico, ciascuno dei quali risponde a terapie diverse. Discutendo l’identificazione, l’eziologia e il trattamento di tutti e tre, con particolare attenzione alle sfide specifiche nei pazienti con cirrosi, lo studio punta a fornire un quadro di riferimento per meglio adattare i trattamenti, comprese le terapie non farmacologiche, alle esigenze delle persone interessate.

Stime ufficiali dicono che la percentuale di pazienti cirrotici che soffre di dolore cronico va dal 40 al 79%e può diventare un fattore determinante nel peggioramento della funzionalità epatica e della qualità della vita. Recenti linee guida raccomandano di allargare il trattamento anche a cure palliative, psichiatrica e terapia fisica nelle persone con cirrosi scompensata, ma non sempre questa cosa è possibile. Ecco perché occorre procedere per determinati step.

Primo, individuare il dolore. Sono tre le categorie di dolore cronico individuate:

  • il dolore nocicettivo che genera infiammazione e danni ai tessuti;
  • il dolore neuropatico che deriva da un danno ai nervi; 
  • il dolore nociplastico che descrive mancanza di evidenze di danno a tessuti e nervi, ma i segni clinici e psicofisici indicano cambiamenti in atto alla nocicezione.

Secondo, tentare l’approccio non farmacologico, in particolare se si è alle prese con un dolore multisito. La maggior parte degli analgesici hanno effetti limitati e generano miglioramenti alla cronicità solo in un caso su tre. Neanche gli oppioidi si rivelano risolutivi, motivo per cui spesso nei pazienti monta un senso di frustrazione per la mancanza di trattamenti semplici basati sull’evidenza.

Terzo, l’approccio farmacologico. Pur avendo un’utilità limitata, per il dolore nocicettivo possono essere utilizzati diclofenac gel o paracetamolo. Agli oppioidi si può ricorrere per il trattamento a breve termine in fase acuta, mentre gli antidepressivi triciclici agiscono su sintomi multipli o dolore neuropatico, ma la loro somministrazione va gestita con cautela. Disturbi del sonno o ansia possono essere affrontati con gabapentina basse dosi iniziali o preabalin.