Focus 11 Febbraio 2021

Tumore del fegato: più un centro ha esperienza, maggiori sono le chance di superare la malattia

Il livello di sopravvivenza di un paziente dopo il trapianto è correlato all’esperienza che un determinato centro ha accumulato nella cura del tumore del fegato. Lo stabilisce uno studio coordinato dal Policlinico Gemelli di Roma, e pubblicato sulla rivista Annals of Surgery, che ha raccolto i dati di circa duemila pazienti che, tra il 2008 e il 2018, si sono sottoposti a trapianto per epatocarcinoma in 18 ospedali italiani.

Dalla ricerca è emerso che l’intervento chirurgico continua a essere l’unica possibilità in grado di portare verso la guarigione, ecco perché la ridotta capacità di un determinato centro comporta anche una insufficiente assistenza nei confronti dei pazienti. Nel corso dello studio sono stati esaminati una serie di fattori come le complicanze maggiori, il tasso di mortalità registrato dopo 90 giorni dal trapianto e la percentuale di decesso post intervento in quei soggetti che avevano sviluppato problematiche maggiori. I risultati hanno dimostrato che il tasso di complicanze maggiori era pari al 9,4%, ma con differenze notevoli legate appunto all’attività di un centro piuttosto che un altro. Stesso discorso per la mortalità a 90 giorni, che varia dallo 0,9% al 4,2%. Il parametro del cosiddetto “failure to rescue”, quello cioè del decesso dei pazienti che avevano sviluppato problematiche maggiori ottenuto incrociando la casistica dei trapianti nei centri oggetto dello studio, è risultato il più alto, con un tasso compreso tra il 6,1% e il 28,6%.

Cirrosi e complessità dell’intervento sono risultate le comorbidità con un ruolo primario nelle complicanze gravi e nella mortalità a 90 giorni dal trapianto. Tuttavia, al di là di patologie pregresse, a essere decisivo nello stabilire i rischi è il numero di interventi di questo tipo che viene effettuato in un centro. Il tumore del fegato, infatti, rispetto ad altre forme come ad esempio quella del pancreas, può presentare una serie di casi da poter rimuovere in tempo con un intervento chirurgico, nonostante i numeri siano bassi in relazione ai malati (in Italia lo scorso anno ne sono stati diagnosticati circa 13mila).

Come altri studi hanno recentemente confermato, il trapianto continua a essere la terapia più efficace, ma molto dipende dalla disponibilità degli organi che, spesso, limita questa procedura, come confermato dal report sull’attività del 2020 pubblicato dal Centro nazionale trapianti.