Focus 29 Settembre 2020

Far incontrare le famiglie di donatori e riceventi
Così Galbiati e Green portano avanti la loro battaglia

di Emiliano Magistri

Ventisei anni. Tanto è passato da quel 29 settembre 1994. Un giorno che ha rappresentato non solo la più grande tragedia per una famiglia in vacanza, ma anche una delle pagine più tristi della cronaca italiana.

Il piccolo Nicholas Green

Reginald e Margaret Green sono una coppia di americani che quell’anno decide di trascorrere le ferie in Italia. Sono in macchina sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria insieme ai due loro figli, Nicholas che ha compiuto da poco 7 anni ed Eleanor, di 4. La vettura su cui viaggiano cade nell’agguato di un gruppo di rapinatori che la scambiano per quella di un gioielliere: ne nasce uno scontro a fuoco nel quale ha la peggio Nicholas che, il 1° ottobre, morirà nell’ospedale di Messina. I genitori autorizzarono il prelievo e la donazione degli organi, che diedero speranza di vita a sette persone, tra cui tre adolescenti.

Da quel maledetto giorno, Reginald ha avviato una battaglia per riuscire a modificare la legge italiana (art. 18, comma 2, Legge 1 aprile 1999, n. 91) che, al momento, vieta al personale sanitario di fornire informazioni sull’origine degli organi che vengono trapiantati su un determinato paziente.

Insieme a lui c’è un altro papà che, a sua volta, ha vissuto lo stesso dramma. Si chiama Marco Galbiati. È il papà di Riccardo, morto a 15 anni su una pista da sci di Aprica, nella Valtellina in provincia di Sondrio, per colpa di un arresto cardiaco. Reni, fegato e cornee del ragazzo hanno permesso a pazienti in lista d’attesa di continuare a vivere o, comunque, di vivere meglio. Con l’associazione fondata in memoria di Riccardo, “Il tuo cuore la mia stella”, molto attiva nei settori di sport e cucina, le due passioni del ragazzo scomparso, Galbiati contribuisce a sensibilizzare le nuove generazioni sull’importanza della donazione degli organi e sulle possibilità che si possono garantire a tante persone compiendo questa scelta di generosità.

Riccardo Galbiati impegnato in una delle sue passioni, la cucina

Ma a che punto siamo con la modifica della legge? “Il Comitato nazionale per la bioetica ha dato parere favorevole – racconta – e questo ha aperto una nuova fase anche per quanto riguarda l’interessamento del Centro nazionale trapianti. Ci auguriamo che entro la fine dell’anno la legge possa essere modificata, magari in nome di Riccardo”. Una battaglia che lo vede impegnato insieme alla famiglia Green: “Ho avuto la fortuna di conoscere Reginald, è una persona straordinaria che, in una situazione così drammatica, ha avuto la forza di trasformare il dolore in energia positiva per cercare di fare qualcosa per gli altri. Si è impegnato per far sì che i trapianti aumentassero e, in un anniversario così triste come quello di oggi, credo che la sua volontà acquisti un valore ancora più alto”.

Quello di promuovere la cultura del dono è uno degli obiettivi di Galbiati e della sua associazione, anche di fronte a un quadro generale del nostro Paese in cui, nonostante l’attività trapiantologica sia in costante crescita, resta ancora alto il numero di coloro che dicono no alla donazione degli organi: “I giovani sono il nostro futuro. Purtroppo con il lockdown ci siamo dovuti fermare, ma con l’associazione speriamo di riprendere quanto prima gli incontri nelle scuole della Lombardia – conclude – per spiegare quanto sia importante questo gesto, raccontare chi era Riccardo e il suo amore per la vita e far capire che con un’azione così semplice è possibile permettere ad altre persone di vivere”.