Focus 14 Luglio 2020

Fegato grasso, aumentano i casi nelle donne in gravidanza. Ecco i rischi per chi viene al mondo

Il numero delle donne malate di fegato grasso che hanno partorito da inizio 2000 a oggi, negli Stati Uniti, è triplicato. Lo dice uno studio pubblicato sul Journal of Hepatology, confermando la costante crescita di questa patologia che non comporta un fattore di rischio solo per la salute della donna, ma anche per quella del feto.

Oltre a essere una ghiandola che ha un ruolo centrale per il nostro metabolismo, il fegato ha importanza nella difesa dell’organismo e nell’eliminazione di sostanze tossiche. In più, nel corso della gestazione, è oggetto degli sbalzi ormonali e del cambio della circolazione sanguigna, fenomeno che caratterizza il periodo dei nove mesi. Durante la gravidanza, infatti, nonostante la quantità di sangue pompato sia maggiore, quella che arriva al fegato, in proporzione, è ridotta, con un conseguente rallentamento della regolare attività epatica: una condizione che espone il fegato a una serie di patologie tra cui, appunto, la steatosi epatica.

Quello della prevenzione è sicuramente l’aperto cruciale da non sottovalutare durante la gestazione, soprattutto alla luce degli studi che confermano l’aumento delle donne colpite da questa malattia. Come verificato da un team di otto clinici dell’università della California di San Francisco, in meno di dieci anni le gravidanze affrontate con la NAFLD sono quasi triplicate: da 10,5 a 28,9 ogni 100mila pazienti dal 2007 al 2015. Con conseguenze non da poco come la preeclampsia (sindrome che prevede proteinuria, ipertensione o altre forme nelle donne in gravidanza), la sindrome di Hellp (una delle più gravi complicazioni della preeclampsia), il parto pretermine e l’emorragia dopo il parto. La difficoltà di ridurre il tasso di sovrappeso e obesità nelle donne in età fertile è al centro delle preoccupazioni dei ricercatori che hanno condotto lo studio. Un problema anche per la salute pubblica che rischia di coinvolgere anche l’Italia, alla luce del fatto che negli stati occidentali una donna su tre vive i nove mesi in sovrappeso. Ma quali sono i rischi per il nascituro?

Se alcuni studi ipotizzano un rischio genetico di sviluppare la steatosi, altri portano a pensare a un ruolo “decisivo” dell’epigenetica (la branca della genetica che si occupa dei cambiamenti fenotipici ereditabili da una cellula o un organismo in cui non si osserva una variazione del genotipo). Fattori esterni al DNA potrebbero modificare i geni senza intaccare il codice genetico: ad oggi, in base alle caratteristiche del feto, è possibile capire a cosa andrà in contro la bambina o bambino, ma gli effetti dei tratti metabolici rilevati nello sviluppo precoce potrebbero riguardare anche le generazioni successive.

Se riconosciuta in tempo, grazie al sostegno di uno specialista, correggendo la dieta e integrandola con l’attività fisica, la steatosi può essere gestita, pur proseguendo nei regolari controlli epatici anche dopo il parto.