News 23 Gennaio 2019

Centri di riparazione degli organi in Italia?
Paolo De Simone: “Sviluppo tecnico in corso”

Anche nel nostro Paese, come oltreoceano, presto sarà possibile creare centri di riparazione degli organi?

La domanda è stata rivolta dal Corriere della Sera al professor Paolo De Simone, Responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Epatica e del Trapianto di Fegato dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, attuale presidente della Società Italiana per la Sicurezza e la Qualità nei Trapianti (SISQT) e componente della Faculty Epateam.

“Si tratta di uno sviluppo tecnico già in corso e che appare alla portata di mano di molte istituzioni e centri di trapianto – dice De Simone -. Oltre a competenze tecniche, la creazione di queste strutture richiede uno sforzo enorme di collaborazione ed integrazione tra i Centri in cui si prelevano gli organi, quelli che li modificano o ricondizionano e quelli che li utilizzeranno a scopo d’intervento”.

il professor Paolo De Simone

La rigenerazione degli organi viene dunque valutata come un’alternativa alla sala operatoria.

“Potrebbe esserlo – risponde De Simone -. In pazienti ‘non terminali’ è immaginabile che si possano ottenere gli stessi risultati del trapianto mediante la rigenerazione. Ma occorre tempo per permettere ad organi e tessuti di rigenerarsi e recuperare in pieno le funzioni deteriorate. Ecco perché la strategia terapeutica è idealmente rivolta a malati non molto avanzati, ossia pazienti cronici nei quali c’è il tempo di far rigenerare un organo o tessuto malato”.

LO SCENARIO DEI TRAPIANTI IN ITALIA

Al professor De Simone viene posto un altro interrogativo. Inerente lo ‘stato dell’arte’ della trapiantologia italiana. Un confronto rispetto all’orizzonte europeo.

“L’Italia – chiarisce – è uno dei Paesi leader della medicina trapiantologica e ha compiuto considerevoli balzi in avanti nella donazione, portandosi i cima alle classifiche mondiali subito dopo Spagna, USA e Francia. Se ci fosse un G7 dei trapianti, l’Italia ne farebbe parte”.

Tutto ciò, fa intendere De Simone, è il risultato degli anni di lavoro coordinato dal Centro Nazionale Trapianti al quale partecipano e contribuiscono le regioni. Da noi vi sono più donatori che in Germania e poco meno che in Francia. Tuttavia resiste una certa discrepanza con la Spagna, al vertice assoluto.

“I trapianti – afferma De Simone, spostando l’attenzione sulla sicurezza degli interventi – sono una pratica consolidata, specialmente se paragonata ad altri settori della medicina moderna”.

Da qui la sottolineatura sul rischio di trasmissione delle malattie attraverso il trapianto. Rischi davvero bassi e pari a circa 1 caso ogni 1.000/10.000 organi trapiantati.

Quest’aspetto (davvero importante), commenta De Simone, si deve al fatto che prima di procedere, i donatori e i loro organi vengono sottoposti ad un attento, scrupoloso controllo da parte degli operatori professionisti presenti ai vari livelli della rete trapiantologica nazionale.

Infine le sfida del futuro.

Assistere un sempre maggior numero di persone, in maniera ancora più tempestiva e con maggior efficienza. Le richieste di trapianto non diminuiscono e di contro si alza l’asticella delle competenze avanzate in risposta al bisogno di salute dei tanti.

La soluzione viene quindi indicata nell’interazione – nelle reti – ossia nella collaborazione tra le diverse istituzioni della filiera donazione-trapianto e nella personalizzazione della cura rispetto al tipo di paziente, patologia e aspettativa di vita.

(Fonte: Corriere della Sera)