Focus 09 Dicembre 2020

Covid, un farmaco immunosoppressore previene l’evoluzione. Lo studio coordinato dal Niguarda

Si chiama tacrolimus ed è un farmaco immunosoppressore utilizzato nei trapianti d’organo per ridurre l’attività del sistema immunitario del paziente e di conseguenza il rischio di rigetto. In base a uno studio coordinato dall’ospedale Niguarda di Milano, in particolare dall’Epatologia e dal Transplant Center, e che ha coinvolto oltre 40 centri trapianto europei nel corso della prima ondata dell’emergenza Covid-19, è emerso che l’utilizzo di questo tipo di farmaci non solo è necessario dopo un intervento, ma addirittura previene l’evoluzione della malattia dal virus riducendone la mortalità.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Gastroenterology. Tra il 1° marzo e il 27 giugno 2020 sono stati raccolti i dati di 243 casi sintomatici di adulti da 36 centri e 9 Paesi. Trentanove (16%) sono stati gestiti in regime ambulatoriale, mentre per 204 (84%) è stato necessario il ricovero in ospedale, terapia intensiva compresa (19,1%). Quarantanove (20,2%) pazienti sono deceduti dopo una media tra i 10 e i 23 giorni, riportando l’insufficienza respiratoria come causa principale. Dopo l’analisi multivariata di regressione di Cox, l’età superiore ai settant’anni è risultata maggiormente critica, mentre l’uso di tacrolimus (TAC) ha avuto un effetto positivo sulla sopravvivenza. Il ruolo delle comorbilità è stato fortemente influenzato dall’effetto dominante dell’età in cui queste aumentavano con l’aumentare dell’età dei riceventi. In un secondo modello, escludendo l’età, sia il diabete che la malattia renale cronica sono emersi come associati alla morte.

“Con il rapido propagarsi della pandemia ci siamo chiesti che cosa fare con la terapia immunosoppressiva dei nostri pazienti trapiantati: tenerla invariata, rimodularla o addirittura in qualche caso sospenderla? – ha spiegato Luca Belli, direttore dell’Epatologia e Gastroenterologia e Principal Investigator della ricerca – Lo studio ha consentito di aggiungere un nuovo tassello alla cura dei nostri trapiantati, per i quali alcuni farmaci immunosoppressori, il tacrolimus in particolare, si sono rivelati utili per prevenire le forme più gravi della malattia da Covid. Quanto osservato è importante per i trapiantati di fegato, ma avrà ricadute cliniche trasversali a tutto il mondo dei trapianti e non solo: in Spagna, infatti, si sta sperimentando l’efficacia di una terapia di combinazione che prevede l’impiego del tacrolimus con steroidi, anche in soggetti non trapiantati“.

Fondamentale la collaborazione tra professionisti, lontani geograficamente ma vicini per intenti, e la condivisione dei dati attraverso la rete europea ESOT/ELITA (European Society for Organ Transplantation e European Liver Transplant Association) e il registro internazionale ELTR (European Liver Transplant Registry), che da oltre 35 anni raccoglie i dati di tutti trapianti di fegato eseguiti nei 149 Centri Trapianto europei.

Sinergie e collaborazioni preziose anche all’interno dell’ospedale milanese, dove all’attività trapiantologica contribuiscono epatologi, chirurghi, specialisti delle malattie infettive e anestesisti: il trapianto è un lavoro di squadra, una “sinfonia suonata a più mani”. Che il Niguarda sia la “casa dei trapianti” lo confermano anche i dati dell’attività 2020 per i trapianti epatici (oltre 100 interventi), praticamente invariati rispetto all’anno precedente, nonostante la pandemia.

“La procedura di trapianto, a dispetto dei molti dubbi legati alla scarsa conoscenza degli effetti del Covid-19, ha dimostrato di essere un trattamento sicuro e decisamente dotato di un maggiore impatto salvavita rispetto allo stazionamento dei pazienti in lista di attesa – spiega Luciano De Carlis, direttore della Chirurgia Generale e dei Trapianti – La continuità dell’attività trapiantologica, pur con enormi difficoltà logistiche e organizzative, si è rivelata una strategia vincente e Niguarda ha dimostrato, sia nella prima che nella seconda fase della pandemia, di essere in grado di mantenere tale attività con il massimo grado di sicurezza”.