Focus 20 Ottobre 2021

Da AstraZeneca risultati positivi sui farmaci per il tumore del fegato

Ci sarebbe una speranza in più di sopravvivenza per i pazienti con carcinoma epatocellulare (HCC), la forma più diffusa di tumore del fegato. È quanto emerge dallo studio di fase 3 ancora in corso, chiamato Himalaya, e che prevede la combinazione di Imfinzi, con l’anticorpo monoclonale di AstraZeneca, tremelimumab.

Fin dalla sua approvazione nel 2017, oltre 100mila pazienti sono stati trattati con Imfinzi, in particolare per contrastare il tumore al polmone: oggi, invece, i dati suggeriscono la sua applicazione anche per le forme epatiche. Lo studio Himalaya, infatti, ha utilizzato una nuova dose e un programma che ha visto i pazienti ricevere una singola dose di “priming” dell’anticorpo monoclonale umano sperimentale di AstraZeneca, tremelimumab, quindi Imfinzi ogni quattro settimane. Tremelimumab blocca l’attività della proteina 4 associata ai linfociti T citotossica (CTLA-4), innescando la risposta immunitaria al cancro e favorendo la morte delle cellule tumorali.

Utilizzando questo regime STRIDE (Single Tremelimumab Regular Interval Durvalumab), lo studio ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza globale statisticamente significativo e clinicamente significativo rispetto a sorafenib. L’HCC rappresenta il 75% di tutti i tumori epatici primari ed è la terza causa di morte per cancro in tutto il mondo, con circa 900.000 persone diagnosticate ogni anno. Attualmente, solo il 7% dei pazienti con malattia avanzata sopravvive a cinque anni dalla diagnosi. La forza trainante di questo programma è rappresentata dal fatto che la maggior parte dei pazienti con HCC ha anche la cirrosi, principalmente causata dall’epatite: l’infiammazione associata alla malattia epatica cronica provoca immunosoppressione e può portare allo sviluppo del tumore del fegato.

Himalaya è il primo studio di fase 3 ad aggiungere una nuova dose singola di innesco di un anticorpo anti-CTLA4 a un altro inibitore del checkpoint, durvalumab. Questo serve a rafforzare il sistema immunitario del paziente contro l’epatocarcinoma, con l’obiettivo di massimizzare la sopravvivenza a lungo termine con effetti collaterali minimi.