Focus 05 Aprile 2022

Epatite C in gravidanza, lo screening aiuta a individuare le infezioni

Individuare l’epatite C in gravidanza è possibile grazie allo screening. Uno studio presentato in occasione della Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections ha permesso di stabilire quanto questa procedura sia utile per rilevare le donne incinte che non sanno di aver contratto il virus.

Il fatto di essere a conoscenza di avere l’epatite C non deve impedire di generare figli, purché non si stia seguendo una terapia a base di farmaci teratogeni. Alcuni antivirali, infatti, sono dannosi per il feto, motivo per cui sarebbe consigliabile iniziare la gravidanza a distanza di qualche mese dalla sospensione del medicinale.

La ricerca ha permesso di compiere importanti passi in avanti sulle varie tipologie di screening arrivando a quelli di tipo universale, vale a dire non basati sulle caratteristiche che esponevano potenzialmente al contagio. Rispetto alle procedure precedentilo screening universale ha permesso di individuare un aumento di casi di epatite C in gravidanza. Introdurre questa indagine a tutta la popolazione potrebbe consentire di rilevare le infezioni con maggiore facilità ed evitare la trasmissione, in particolare dalla mamma al feto. Nonostante la percentuale di trasmissione sia aggiri intorno al 5-6%, sapere di essere portatori della malattia permetterebbe di effettuare esami specifici anche sul bambino così da monitorarlo ed evitare che si generino effetti dannosi da parte del virus.

Lo screening universale ha infatti permesso di individuare un numero di casi maggiori anche sui minori: l’epatite C può essere tenuta sotto controllo grazie a farmaci sempre più efficaci, ma sapere di averla contratta può essere decisivo. Soprattutto in gravidanza.