Focus 13 Ottobre 2022

I malati rari possono donare il fegato e altri organi

I malati rari possono donare il fegato e altri organi. È quanto risulta da uno studio italiano che è stato pubblicato recentemente sulla rivista Clinical Transplantation. Sebbene una malattia sia definita rara quando ha una prevalenza inferiore a 5 casi ogni 10.000 persone, la prevalenza complessiva di queste patologie nella popolazione è superiore all’1%. Tra i potenziali donatori di organi si osserva una frequenza simile.

Ad oggi non sono state stabilite linee guida e le decisioni operative sono state prese empiricamente, caso per caso, sulla base dell’esperienza e della competenza dei medici. Per questo motivo, il Consiglio Superiore di Sanità (CSS) ha nominato un gruppo di lavoro che si occupa di “pazienti con malattia rara come potenziali donatori di organi”, con l’obiettivo di elaborare raccomandazioni per la gestione dei casi di trapianto in cui i donatori abbiano una patologia simile. Nel corso dello studio sono state valutate 493 malattie (il 10% di tutte quelle rare, tra cui oltre il 95% dei pazienti interessati) per consegnare una relazione tecnica sull’idoneità alla donazione e al trapianto di organi, con particolare attenzione a quelli più frequentemente utilizzati, tra cui rene, fegato, cuore, polmone e pancreas. 

La ricerca ha chiarito che anche i malati rari possono donare il fegato e altri organi. Infatti, nei donatori affetti da malattia rara, quasi l’80% degli organi è idoneo al trapianto, circa il 7% non è idoneo e circa il 14% è idoneo come non standard con un rischio accettabile.

Allo studio hanno partecipato esperti di genetica medica, medicina interna, malattie metaboliche, fisiopatologia, endocrinologia, neurofisiopatologia e altri ambiti clinici. In più, hanno collaborato il Centro Nazionale Trapianti, il Consiglio Superiore di Sanità e centri trapiantologici come l’ospedale Giustinianeo e l’Università degli Studi di Padova, l’Ospedale Binaghi e l’Università di Cagliari, l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, l’Ismett di Palermo e Fondazione Ri.med, la Città della Salute e della Scienza di Torino. Coordinatore del gruppo di lavoro è stato il professor Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.