Nuovi trattamenti più efficaci per l’epatite autoimmune
La scoperta di nuovi trattamenti più efficaci per l’epatite autoimmune può aprire prospettive di cura maggiori per tanti pazienti. È quanto è emerso da uno studio pubblicato su Frontiers in Immunology secondo cui il micofenolato mofetile (MMF) potrebbe risultare più decisivo rispetto alla terapia standard a base di azatioprina (AZA). Ma capiamo meglio.
L’epatite autoimmune è una forma caratterizzata da un livello sierico elevato di immunoglobuline anche nelle persone che non sono affette da cirrosi. Il trattamento, per così dire, di prima linea, consiste appunto nella somministrazione di corticosteroidi a base o non di AZA, con l’obiettivo di ottenere una risposta biochimica completa, la remissione istologica della malattia e prevenire che si sviluppi la fibrosi. Attraverso Propensity Score Matching, i ricercatori hanno coinvolto nello studio 126 pazienti adulti con epatite autoimmune che hanno ricevuto prednisolone 0,5-1 mg/kg/giorno più AZA 1-2 mg/kg/giorno o MMF 1,5-2 g/giorno. Dopo il punteggio di propensione e l’aggiustamento per i fattori noti che influenzano la risposta al trattamento e l’esito, 64 pazienti sono stati inclusi nello studio (MMF = 32 e AZA = 32). I tassi di non risposta, di risposta biochimica completa (CBR) a 6 e 12 mesi, e il ritiro del prednisolone (6 mesi, 12 mesi e fine del follow-up) erano identici tra i gruppi. Tuttavia, il trattamento MMF è stato significativamente associato a CBR alla fine del follow-up. I pazienti con AZA erano più inclini a interrompere il trattamento a causa di intolleranza/risposta insufficiente all’AZA. Alla fine del follow-up, l’efficacia complessiva di ogni programma era anche significativamente più alta nel gruppo MMF rispetto al gruppo AZA.
I nuovi trattamenti più efficaci per l’epatite autoimmune, quindi, consistono nell’MMF che può essere usato come terapia di prima linea. Resta tuttavia da valutare se questi risultati positivi siano associati anche a tassi di remissione istologica più elevati e a un’immunosoppressione della CBR sostenuta.