Focus 08 Luglio 2021

Trapianto di fegato, il tasso di sopravvivenza dopo l’intervento cresce nei pazienti con HIV ed epatite C

Il tasso di sopravvivenza dopo il trapianto di fegato cresce nei pazienti affetti da HIV ed epatite C. È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori dell’università di Chicago e del Division of Digestive and Liver Disease – UT Southwestern Medical Center di Dallas, pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista Transplantation Direct. Alla base di questa tendenza, c’è l’introduzione del trattamento antivirale ad azione diretta (DAA) proprio per l’HCV.

Le persone che sono affette dalla coinfezione dei due virus, a causa della rapida progressione del problema epatico, rischiano di sviluppare una conseguente malattia epatica allo stadio terminale che richiede l’intervento chirurgico. Prima dell’introduzione del DAA (era il 2013), le persone con HIV avevano esiti peggiori dopo il trapianto di fegato, indipendentemente dalla coinfezione da epatite C. In quel caso il trapianto può offrire solo un beneficio temporaneo, perché se non trattata l’HCV inizia a danneggiare anche l’organo nuovo. Tra il 2008 e il 2019 sono stati effettuati 64.860 trapianti di fegato in persone con uno stato di HIV noto. Nel periodo pre-DAA sono stati effettuati 24.238 trapianti, 68 in persone coinfette e 49 in persone con solo HIV. I trapiantati con HIV erano più giovani e avevano tempi di attesa più brevi rispetto ad altri riceventi, mentre tutti i trapiantati senza epatite C avevano punteggi MELD più alti, indicando un danno epatico più grave, e avevano maggiori probabilità di essere in supporto vitale al momento del trapianto.

Le persone con HIV ed epatite avevano un rischio significativamente più elevato di fallimento del trapianto nell’era pre-DAA rispetto alle persone senza entrambi i virus. Questa differenza di rischio è scomparsa nell’era DAA, così che entro tre anni dal trapianto, l’81% dei riceventi con HIV ed epatite C è rimasto in vita e non ha subito il rigetto dell’organo donatore (fallimento del trapianto), rispetto al 58% nel pre-DAA. La sopravvivenza è stata del 100% su un periodo di follow-up mediano di 656 giorni tra i riceventi del trapianto con HIV che avevano l’epatite C cronica al momento del trapianto.

La sopravvivenza del trapianto a tre anni nelle persone che non erano state coinfettate con HIV ed epatite C era simile: l’80% delle persone con solo HIV, l’83% delle persone con solo epatite C e l’84% delle persone con nessuno dei due virus è rimasto in vita senza rigetto dell’organo donatore. Anche la sopravvivenza globale non differiva. L’84% delle persone con HIV ed epatite C è rimasto in vita dopo tre anni, rispetto all’81% delle sole persone con HIV, all’84% delle persone con solo epatite C e all’86% delle persone senza entrambi i virus.

Lo studio sembra quindi poter fornire rassicurazioni ai centri specializzati e suggerire il tempestivo rinvio dei pazienti con HIV con cirrosi scompensata per la valutazione del trapianto, compresi i pazienti con coinfezione da HCV.