News 27 Maggio 2018

Petrin, Presidente AIDO: “Donare gli organi
è decisivo per la vita di molte persone”

Domenica 27 maggio, in tutt’Italia, si è celebrata la Giornata nazionale della donazione di organi e tessuti. In previsione di quell’importante appuntamento, rivolto a promuovere il valore della solidarietà come atto di responsabilità sociale, abbiamo rivolto alcune domande alla Presidente AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi, Tessuti e Cellule) Flavia Petrin – che ha accolto con grande disponibilità l’invito di Epateam.org – sui temi strettamente correlati all’evento.

(Nell’immagine d’apertura, Flavia Petrin – Al centro, un altro scatto firmato da Giorgio Sabatini)

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AIDO nel 2018 festeggia i 45 anni di attività. L’Associazione è costituita da oltre 1 milione 350mila cittadini favorevoli alla donazione volontaria, post mortem, anonima e gratuita di organi, tessuti e cellule a scopo di trapianto.

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Presidente Petrin, perché è importante donare gli organi?

Donare gli organi in realtà è decisivo per la vita di molte persone perché il trapianto è l’unica possibilità che rimane per continuare a vivere (nel caso di gravi patologie di organi come cuore, polmoni, fegato, intestino) o per ritornare ad una qualità di vita più dignitosa, come nel caso delle patologie dei reni che costringono alla dialisi a volte per lunghi anni.

Quali sono, ancora oggi, i timori e i falsi miti che possono pregiudicare la volontà alla donazione?

Di falsi miti forse si poteva parlare in un passato che riguarda le generazioni dei più anziani. Il trapianto ha cominciato a muovere i primi passi oltre mezzo secolo fa. Un salto di qualità avvenne con l’intervento di Christiaan Barnard, nel 1967. Da allora la medicina e la chirurgia dei trapianti sono enormemente cresciute e oggi c’è maggiore consapevolezza che con il trapianto si torna ad una vita piena. A volte nettamente migliore di quella che si viveva prima dell’intervento. Questi fattori, insieme con la crescita culturale e sociale, con la maggiore scolarizzazione, avvenuta in Italia negli ultimi decenni, ha dissolto molte credenze e molte perplessità. L’unico problema è rappresentato dal bisogno di spiegare bene ai familiari che il loro caro, quando si fa diagnosi di morte con criteri neurologici, ha cessato di vivere nonostante il cuore batta ancora finché viene sottoposto a respirazione artificiale. Se però abbiamo accompagnato i familiari spiegando nei dettagli e con sensibilità e delicatezza quello che sta succedendo, spiegando prima di tutto che si è fatto il possibile per salvare la vita al loro caro,, il problema si supera. La scienza ha messo a disposizione strumenti e modalità di verifica che sono di assoluta certezza. Inoltre sono state definitivamente fugate anche le resistenze legate ad un certo modo di intendere la religiosità. Mi riferisco per esempio, alla “resurrezione dei corpi” che per i cristiani aveva rappresentato un possibile ostacolo rispetto al diritto di donare un organo dopo la morte. La teologia e la dottrina della Chiesa hanno dissipato ogni dubbio, e i Papi stessi si sono più volte espressi a favore della donazione e del trapianto.

In che modo, a suo giudizio, è possibile annullare le purtroppo evidenti distonie alla volontà di donazione tra le varie regioni d’Italia? (specie tra le realtà territoriali del Centro-Nord e del Sud?)

Abbiamo esperienza, proprio in questi ultimi tempi, di ripresa delle donazioni e dei trapianti anche nelle aree del Sud che un tempo sembravano maggiormente in difficoltà. Sicuramente incide la situazione sanitaria complessiva e forse ancora anche la superstizione e una certa cultura dell’intangibilità del corpo, anche dopo la morte. Ma gli ottimi risultati di questi anni della Sicilia e di alcune altre realtà del Sud, come la Puglia, la Basilicata, alcune aree della Campania, tanto per fare solo qualche esempio, ci fanno sperare che anche la meravigliosa gente del Meridione possa presto allinearsi al passo con il resto dell’Italia. A quel punto la nostra Nazione probabilmente si collocherebbe ai primissimi posti nel mondo.

Quale dovrebbe (o potrebbe) essere il ruolo dei media e delle istituzioni educative (scuola per prima) nella diffusione della cultura della donazione?

Questo è un tema molto interessante. La donazione (e di conseguenza la possibilità di fare i trapianti) dipendono dalla cultura sociale e dal senso di solidarietà diffuso tra la gente. Gli organi di informazione hanno un ruolo decisivo che purtroppo a volte lo è in termini negativi. Il bisogno di riconquistare spazi di mercato, la tendenza della gente a cercare soprattutto le notizie che fanno scalpore, le difficoltà economiche di quasi tutti i giornali, le radio, e le tv spingono spesso le Redazioni a cercare lo scoop invece della normale e sobria verità dei fatti. Non è solo colpa dei giornalisti, sia chiaro, ma purtroppo quando avviene i danni sono enormi. Come Associazione siamo consapevoli che il rapporto con i media e con i giornalisti è fondamentale per riuscire a trasmettere, nella sua potenza ideale, il valore della solidarietà e della donazione anonima e gratuita. Quando riusciamo a parlare con i giornalisti troviamo sempre persone sensibili disposte ad ascoltarci e a cercare di aiutarci. Dovremo fare molto per aiutarci reciprocamente: i giornalisti nella ricerca della verità (anche se noiosa), e noi nel renderci disponibili a dare informazioni ogni volta che necessiti. A volte magari anche preventivamente.

Flavia Petrin

Un capitolo particolare lo merita la scuola. Da anni l’AIDO è impegnata nella sensibilizzazione dei giovani che frequentano le scuole, dai più piccoli alle università. Lo facciamo con volontari formati e competenti, che trovano sempre una splendida accoglienza, fatta di attenzione e di condivisione.

Il rapporto con le scuole per la nostra Associazione è un elemento fondamentale sul quale abbiamo lavorato molto e per il quale faremo anche molto di più nel futuro.

Nelle scuole si porta un messaggio di solidarietà non limitato alla donazione di organi ma aperto alla complessità delle relazioni tra persone. Cerchiamo di far capire che essere di aiuto agli altri si può fare in tanti modi: in vita donando sangue, donando il midollo osseo, donando tempo e anche sostenendo economicamente. Cosa c’è di più bello di donarsi anche dopo la propria morte permettendo una nuova vita ad altri.

Tra l’altro AIDO è partner nel progetto “Una scelta in Comune” che prevede la possibilità di esprimere la scelta sulla donazione in occasione del rilascio/rinnovo della carta d’identità nei cittadini maggiorenni.

Per AIDO è importante che ogni cittadino possa esprimere la propria volontà evitando di lasciare questo onere ai familiari nel momento più difficile della perdita del proprio caro.

Ai cittadini però chiediamo che questa scelta sia il risultato di un cammino di conoscenza che porti ad una scelta consapevole. AIDO è a disposizione per informare correttamente i cittadini.

Cosa manca per promuovere ancora meglio il valore della solidarietà come atto di responsabilità sociale e come stile di relazione della comunità?

L’art 2 della Costituzione Italiana ci ricorda che la solidarietà sociale è un dovere inderogabile per cui tutti i cittadini italiani dovrebbero essere favorevoli alla donazione.

Difficile o forse impossibile rispondere a una domanda che apre scenari tanto vasti. Sembra infatti facile rispondere che manca la cultura sociale. Ma poi dove ci porta la riflessione su che cosa si intende per cultura sociale? E non tocca forse anche i tempi della solidarietà fraterna, quella del civismo, quello della capacità di farsi prossimo nei confronti di chi è più fragile? La risposta a questa domanda sta in un concetto altissimo di comunità: fraternità e attenzione per i più fragili.

Perché la verità è che quando la malattia colpisce così duramente da poter essere risolta solo con il trapianto, il dramma tocca le persone ma anche le loro famiglie. Se ancora alla fine del 2017, anno record per donazioni e trapianti, con numeri mai toccati prima, le persone in lista d’attesa erano quasi 9 mila (e di queste alcune centinaia non riusciranno a sopravvivere), si capisce che di strada da fare ce n’è ancora tanta. Però sono fiduciosa perché i quasi 50 mila italiani che vivono meravigliosamente bene dopo aver avuto il dono del trapianto stanno a dimostrare che nella nostra società la solidarietà è di casa.

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Nel 2017 – dati forniti da AIDO – i trapianti di fegato da donatore cadavere sono stati 1296 (1213 nel 2016) con una crescita del 7% (1205 fegato intero – 91 split); mentre i trapianti di fegato da donatore vivente (solo parte di fegato) sono stati 16 (7 nel 2016): pari ad un aumento del 129%.