Giornata mondiale del colangiocarcinoma, il tumore “silenzioso”
Da molti viene considerato un tumore “silenzioso”, in quanto ancora difficile da riconoscere precocemente e per il quale non sono molte le strategie di cura. È per mantenere alta l’attenzione su questa neoplasia che ogni 12 febbraio ricorre la “Giornata mondiale del colangiocarcinoma”.
Come è noto, si tratta di una forma che colpisce le vie biliari. I sintomi non sono mai particolarmente chiari o tali da generare allarme in chi ne soffre, motivo per cui ci si rivolge tardi al medico e la diagnosi non è mai semplice da effettuare. Considerato un tumore raro, stime ufficiali dicono che solo nel 2020 sono state circa 5400 le persone in Italia colpite dal colangiocarcinoma, un’incidenza in crescita anche nel resto del mondo. Nella fase iniziale il tumore non genera dolore, la prima manifestazione consiste nel cambiamento di colore delle sclere dell’occhio (il cosiddetto “bianco”) che tende sul giallo. Questa condizione di ittero, con il passare del tempo, si estende anche alla pelle: tuttavia, il colore delle feci, che può apparire più chiaro, rappresenta un campanello d’allarme, insieme a quello delle urine che, di contro, diventano più scure. Il problema nasce proprio dal fatto che il paziente nota queste alterazioni quando ormai la situazione è conclamata e il ritardo risulta decisivo nella gestione del tumore stesso.
Per individuare il colangiocarcinoma sono poi necessari esami approfonditi, in quanto un’ecografia potrebbe non essere sufficiente e mostrare solo un “sospetto”: TAC, risonanza magnetica e colangio-pancreatografia retrograda endoscopica (CPRE) sono gli step successivi per giungere a una diagnosi precisa. Oltretutto, la neoplasia risulta in una posizione che ne permette l’asportazione solo in un paziente su cinque: quando questo è possibile, il trattamento può essere risolutivo, in caso contrario l’unica opzione è la chemioterapia con tutti gli effetti collaterali che però comporta. La Giornata mondiale del colangiocarcinoma vuole rappresentare un’occasione per stimolare la conoscenza più specifica di questa forma tumorale, visto che ad oggi non sono ben chiari nemmeno i fattori di rischio che predispongono al suo sviluppo. Malattie delle vie biliari come la colangite sclerosante primitiva o calcoli in dotti biliari, cistifellea e coledoco, potrebbero essere le principali responsabili: non è chiaro ancora se possano avere un ruolo condizioni come obesità, cirrosi, infezioni da virus dell’epatite B e C e sindrome metabolica, decisive invece nel caso dell’epatocarcinoma.
Per i pazienti con il colangiocarcinoma, una speranza potrebbe arrivare grazie alla cosiddetta “oncologia di precisione”. È quel procedimento che, attraverso la biologia molecolare, consente di identificare le persone con specifiche mutazioni, legate a una forma tumorale piuttosto che un’altra, e indirizzarli verso terapie più precise e, conseguentemente, più efficaci.