Trapianto di fegato in età pediatrica: procedure e complicanze
Generalmente parliamo di questa procedura in riferimento ai pazienti adulti, ma anche il trapianto di fegato in età pediatrica è un intervento spesso eseguito. Si effettua per via di condizioni come la cirrosi epatica o l’atresia delle vie biliari, una malattia rara che porta alla distruzione progressiva delle vie biliari, appunto, provocata dall’accumulo di bile non più scaricata come dovrebbe essere dall’intestino.
Nei bambini l’organo può essere trapiantato per intero se anche il donatore è un bambino, altrimenti solo una porzione se è adulto: addirittura in questo caso, grazie alla tecnica “split”, è possibile dividere il fegato in due parti, vista anche la sua capacità di rigenerarsi, di cui la più piccola viene trapiantata al bambino e la più grande a un altro paziente non pediatrico. Oltre che da donatore deceduto, anche per i più piccoli è possibile effettuare l’intervento se il donatore è vivente: tendenzialmente si tratta della mamma o del papà o, nei casi più rari, di un parente stretto se uno dei genitori non è compatibile con il figlio.
Nel nostro Paese esiste una lista d’attesa anche per chi deve sottoporsi al trapianto di fegato in età pediatrica, la cui priorità di assegnazione degli organi è stabilita dal Centro Nazionale Trapianti in base alla gravità della malattia e alla compatibilità tra le dimensioni del fegato del donatore e del corpo del piccolo paziente che dovrebbe riceverlo. Qualora la patologia del bambino richiedesse una procedura d’urgenza, come nei casi di insufficienza epatica acuta, viene attivato un protocollo speciale che mette in condizione il bambino di ricevere il primo organo disponibile sul territorio italiano.
Pur essendo un intervento molto delicato e compresso, il trapianto di fegato in età pediatrica è estremamente sicuro: la sopravvivenza dei piccoli a 10 anni dall’operazione, infatti, supera il 90%. Una soluzione preziosa per consentire loro di raggiungere traguardi di vita che altrimenti non sarebbero nemmeno immaginabili. Tuttavia, le complicanze possono insorgere anche qui, sia a breve che a lungo termine. Disfunzione dell’organo, complicazioni vascolari o biliari e rigetto sono solo alcune. Proprio quest’ultima, il rigetto, è più frequente nella forma acuta nei primi mesi post-trapianto ed è caratterizzato da un peggioramento degli esami di funzionalità epatica. Generalmente, però, si risolve con trattamento medico e ripristino delle corrette funzionalità del fegato che è stato trapiantato. Il rigetto cronico, invece, si manifesta a distanza di tempo e viene diagnosticato, come quello acuto, con la biopsia epatica: le forme più tardive sono effetto di una mancata o irregolare terapia immunosoppressiva.
Proprio la terapia immunosoppressiva può abbassare le difese immunitarie, con conseguente facilità per il bambino di andare incontro a infezioni di origine virale o batterica: per questo coloro che devono sottoporsi al trapianto devono seguire uno specifico programma vaccinale durante la fase di ammissione alla lista d’attesa. Riduzione della funzionalità renale, ipertensione arteriosa e neoplasie secondariesono altre complicanze che, a lungo termine, potrebbero incidere sulla qualità della vita dei pazienti.