Focus 03 Giugno 2022

Uno studio per prevenire le patologie provocate dal fegato grasso

Un progetto di ricerca per studiare e prevenire le patologie provocate dal fegato grasso. Si chiama “ProFeGra” ed è il programma sviluppato in collaborazione tra la FIF (la Fondazione italiana fegato) e la Fondazione CRTrieste. Si tratta di un piano rivolto alle persone obese di ogni fascia d’età, ma anche a tutti quei giovanibambini compresi, che sono a rischio di sviluppare malattie epatiche croniche.

Tanto per fare qualche numero, nella sola città di Trieste il 21% dei bambini tra i 6 e i 10 anni è in sovrappeso, il 18% se si allarga il raggio all’intero Friuli Venezia Giulia. Gli adulti, sempre considerano il territorio regionale, sono il 41%.

Come ha sottolineato il direttore scientifico della FIF, il professor Claudio Tiribelli, “la steatosi epatica non alcolica è una malattia molto diffusa, ecco perché un approccio che mette insieme ricerca e clinica è di fondamentale importanza”. Anche perché per conoscere e riuscire a prevenire le patologie provocate dal fegato grasso “occorre avvicinare la cittadinanza a queste dinamiche con intense iniziative di divulgazione” ha aggiunto la presidente della Fondazione CRTrieste, Tiziana Benussi.

La Fondazione Italiana Fegato ha inoltre condotto degli studi sulle proprietà terapeutiche di alcuni composti naturali come olive, basilico, citronella, lavanda e rosmarino, individuando dei biomarcatori non invasivi per la diagnosi precoce degli eventi più gravi associati al fegato grasso, quali la steoepatite e la fibrosi. Diagnosi che attualmente viene svolta quando la malattia è già nella sua fase irreversibile attraverso una biopsia epatica, tecnica invasiva e non priva di rischi.

“A livello terapeutico – ha spiegato la responsabile del progetto Natalia Rosso – i nostri ricercatori hanno testato le proprietà dell’acido triterpenico, un triterpende isolato dalle piante appartenenti alla famiglia delle Rosacea, un composto che ha delle dimostrate proprietà epatoprotettive. Sono inoltre stati testati gli effetti protettivi dell’Acteoside, un fenilpropanoide presente in varie specie di piante Lamiales. Sebbene nessuno dei composti riesca a ridurre l’accumulo di grasso, entrambi limitano l’effetto deleterio di questa accumulazione, dimostrando di essere antiossidantiantiinfiammatori e soprattutto antifibrotici. Questi risultati, pur preliminari, sono molto promettenti e il loro effetto dovrà esser valutato per conferma in modelli più complessi (in vivo)”.

Per quanto riguarda la diagnosi della fibrosi epatica, tramite studi eseguiti in silico, sono stati identificati dei potenziali biomarcatori non invasivi, che sono stati successivamente validati, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di chirurgia generale e di anatomia patologica dell’Ospedale di Cattinara, in un gruppo di soggetti obesi con diversi gradi di steatoepatite. Da queste analisi sono state validate tre proteine plasmatiche(biomarcatori) in grado di predire lo stato del fegato.

“Anche questi dati ottenuti finora sono incoraggianti – ha concluso Natalia Rosso, ricordando la collaborazione in essere con un laboratorio della Finlandia, specializzato a livello mondiale nello studio del tessuto adiposo viscerale e come incida sul fegato — in quanto potrebbero dare un’informazione sullo stato del fegato, anche negli stadi iniziali, tramite un semplice prelievo del sangue”.