Come gestire i pazienti con steatosi epatica non alcolica
La necessità di capire come gestire i pazienti con steatosi epatica non alcolica sta diventando una priorità a livello internazionale. I casi di quella meglio nota come “malattia del fegato grasso” sono incostante aumento in tutto il mondo e, tra le cause principali, ci sono l’obesità, l’invecchiamento, l’alimentazione sbagliata e il diabete.
Molte società scientifiche si stanno interrogando su quali linee guida adottare per riuscire a contenere questo fenomeno e per trattare le persone che ne vengono colpite. Se ne è discusso nel corso di un webinar promosso da AISF (l’Associazione italiana per lo studio del fegato), SID (Società italiana di diabetologia) e SIO (Società italiana dell’obesità). Nel corso del confronto è emerso come primo intervento da attuare quello della correzione dello stile di vita, viste le alterazioni metaboliche che sono alla base dello sviluppo della malattia. Questa forma, infatti, generalmente non dà sintomi e quando si manifesta è quasi sempre troppo tardi per provare ad agire in qualche modo. Ecco allora che sono stati proposti alcuni semplici algoritmicon cui stabilire dei punteggi in base ai livelli di transaminasi, età e piastrine. Questi parametri consentono non solo di capire come gestire i pazienti con steatosi epatica non alcolica, ma anche di stabilire chi può sottoporsi a fibroscan, visita specialistica o proseguire con il controllo del medico di medicina generale.
Tra le malattie croniche del fegato, la steatosi rappresenta senza dubbio il principale campanello d’allarme. Circa un quarto della popolazione ne è affetto e per oltre la metà dei casi si tratta di persone obese o diabetiche. Questa condizione, tra l’altro, predispone con maggiore facilità a forme più pericolose come la cirrosi epatica da cui scaturiscono ulteriori complicanze come l’epatocarcinoma e il ricorso al trapianto di fegato: un quadro, insomma, poco incoraggiante anche in termini di salute pubblica.