Dal prelievo di sangue alla biopsia epatica
Ecco i test per individuare la presenza dell’epatite C
Si tratta di una malattia infettiva che interessa il fegato e può svilupparsi sia in maniera acuta che cronica. Stiamo parlando dell’epatite C, una patologia epatica che, ancora oggi, nella maggior parte delle persone colpite non provoca alcun sintomo.
I primi segnali possono giungere solo dopo anni e con la malattia in stadio avanzato, quando cioè si è già di fronte a casi di insufficienza epatica, cirrosi o tumore del fegato. Benché esistano diverse metodologie per la sua cura, è necessario che venga diagnosticata rapidamente o comunque prima di sintomi e conseguenze gravi. L’epatite C si può trasmettere attraverso il contatto diretto con il sangue di pazienti infetti: dallo scambio di aghi e siringhe (nei casi di tossicodipendenze per via endovenosa), alla realizzazione di tatuaggi o piercing senza il rispetto delle corrette norme igieniche, passando per rapporti sessuali non protetti, trasfusioni con sangue infetto o trapianti (anche se su queste ultime due procedure negli ultimi anni sono stati compiuti importanti passi avanti).
Febbre, debolezza, nausea e dolori addominali sono i sintomi più blandi e frequenti che possono insorgere all’inizio della malattia, sintomi spesso confondibili con quelli di patologie meno preoccupanti: per questo è importante oggi poter contare su una serie di test che possono indicare in anticipo se si è in presenza o meno dell’epatite C. Uno di questi è il prelievo del sangue oppure l’analisi della saliva. Ma non solo. Tra le indagini che è possibile effettuare, ci sono anche quelle che sono in grado di quantificare la cicatrizzazione del fegato, un processo generato dalla risposta del nostro sistema immunitario al virus: sostanzialmente più il fegato è indurito, tanto maggiore è il danno provocato dall’epatite. Il più diffuso è la biopsia epatica, che prevede il prelievo e l’analisi di un campione di tessuto, anche se recentemente sono state avviate procedure meno invasive come l’elastografia epatica o fibrosa, una tecnica che attraverso le onde sonore permette di valutare la durezza del fegato.
A differenza delle epatiti A e B, per la C non esistono vaccini, ma solo la possibilità di agire preventivamente seguendo corretti stili di vita ed evitando così possibili comportamenti a rischio. I farmaci antivirali ad azione diretta rappresentano l’alternativa più recente all’interferone, fino a pochi anni fa considerato come l’unica azione farmacologica possibile. Questi nuovi farmaci, invece, permettono di colpire il virus a prescindere dalla sua variante, garantendo un livello di guarigione pari al 95%.
Ad oggi sono oltre 200mila i trattamenti in corso in Italia con queste nuove cure, ma circa 300mila sono ancora i soggetti che rientrano nel cosiddetto “sommerso”, cioè coloro che senza saperlo sono potenzialmente portatori del virus e che senza uno screening mirato rischierebbero di compromettere non solo la propria salute, ma anche quella degli altri per il rischio concreto di trasmissione dell’epatite C.
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