Focus 07 Dicembre 2022

Entro il 2040 +55% di diagnosi e decessi per tumore del fegato

La prospettiva è senza dubbio poco incoraggiante. In base a un’analisi effettuata dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Hepatologyentro il 2040 i numeri relativi a diagnosi e decessi per tumore del fegato aumenteranno del 55%.

A livello globale, nel corso del 2020 (ultimo aggiornamento disponibile) sono state 905.700 le persone a cui è stato comunicato di aver sviluppato una forma di neoplasia epatica e 830.200 quelle che sono morteper le sue conseguenze. I tassi di incidenza e mortalità standardizzati per età (ASR) sono stati rispettivamente pari a 9,5 e 8,7 su 100mila soggetti e le aree del mondo in cui è stato registrato il picco maggiore sono state l’Asia orientale, l’Africa settentrionale e l’Asia sudorientaleL’epatocarcinoma è stato tra le prime tre cause di morte per cancro in 46 Paesi e tra le prime cinque in altri 90. Gli ASR di incidenza e mortalità erano più alti tra gli uomini che tra le donne in tutte le regioni del mondo, da cui la previsione secondo cui il numero di nuovi casi di tumore al fegato all’anno aumenterà del 55% entro il 2040, con una possibile diagnosi di 1,4 milioni di persone nel 2040. Inoltre, 1,3 milioni di persone potrebbero morire di cancro al fegato nel 2040 (il 56,4% in più rispetto al 2020).

L’epatocarcinoma è una delle principali cause di morte in molti Paesi: quello primario è dovuto ad alcune cause e può essere prevenuto se gli sforzi di controllo diventano prioritari. L’aumento previsto dei casi può aumentare la necessità di risorse per gestire l’assistenza ai pazienti che ne sono colpiti.

In base all’analisi effettuata, l’unico modo per evitare questa impennata di diagnosi e decessi per tumore del fegato è quella di riuscire a ridurre almeno del 3% l’incidenza annua di questa neoplasia e dei conseguenti tassi di mortalità. Una chiave in tal senso è rappresentata dai progressi compiuti negli ultimi anni nel controllo dei virus delle epatiti B e C e che potrebbero riflettersi nei tassi di epatocarcinoma dei prossimi anni.

LEGGI l’articolo sullo studio condotto a Seattle