Ipercolesterolemia familiare, cause ed effetti sul fegato
Sappiamo bene che avere il colesterolo alto può comportare una serie di complicazioni, in particolare sotto il profilo cardiovascolare. Le cause possono essere diverse e non sempre vanno ricercate nell’alimentazione e negli stili di vita in generale. Spesso può esserci una componente genetica: una vera e propria malattia ereditaria chiamata ipercolesterolemia familiare. E le ripercussioni possono essere pericolose anche per il fegato.
Questa condizione si può presentare sotto due forme:
- Eterozigote, la più comune, con valori di colesterolemia di poco superiori alla norma (il colesterolo totale non dovrebbe superare il valore di 200 mg/dl);
- Omozigote, più grave, ma anche più rara, e le persone affette possono avere valori di colesterolemia ancora più elevati, fino anche oltre i mille mg/dl.
Il colesterolo endogeno è una sostanza grassa sintetizzata dal fegato, necessaria al corretto funzionamento dell’organismo, che partecipa alla sintesi di alcuni ormoni e della vitamina D. Rappresenta un componente delle membrane cellulari. Alla quota di colesterolo endogeno si aggiunge quella assunta dall’esterno, attraverso gli alimenti, chiamata colesterolo esogeno.
Il profilo lipidico relativo al colesterolo plasmatico è composto da colesterolo totale, dalla frazione LDL a bassa densità o “colesterolo cattivo” e da quella HDL ad alta densità o “colesterolo buono”. Con valori di colesterolo LDL superiori o uguali a 190 mg/dl è fortemente sospetta la presenza di una forma di ipercolesterolemia familiare.
Nelle persone che ne soffrono a prevalere è l’ipercolesterolemia endogena, generata da una mutazione genetiche che può provocare una produzione maggiore o un difetto nella degradazione del colesterolo che, conseguentemente, si accumula in quantità maggiori nel sangue. I valori del colesterolo, complessivi di entrambe le categorie sopra citate, non devono superare certi limiti dal momento che, in presenza di ipercolesterolemia, il grasso tende a depositarsi sulle pareti dei vasi arteriosi, restringendone il lume e determinando una riduzione del flusso di sangue nei vari distretti di distribuzione di queste arterie. Più grave è lo scenario se questa malattia si associa ad altri fattori di rischio, primi tra tutti il diabete e l’ipertensione arteriosa. Senza dimenticare, poi, che l’ipercolesterolemia è una delle responsabili della steatosi epatica non alcolica, detta anche “fegato grasso”, che può generare patologie epatiche croniche.
In ottica di prevenzione è importante identificare i soggetti con ipercolesterolemia familiare. L’esposizione prolungata nel tempo è un grave fattore di rischio: maggiore è la durata e maggiore è il rischio cardiovascolare. Capita frequentemente, però, che la diagnosi venga fatta in età avanzata o quando si sono manifestati eventi cardiovascolari: in molti casi, infatti, si tratta di pazienti che hanno avuto infarti giovanili, anche entro i primi 40 anni.
Come trattamento, correggere solo la dieta non è sufficiente. Nel caso di forme familiari le terapie si devono iniziare già dopo la pubertà. Può essere somministrata una terapia con farmaci particolari, detti “statine”, o altri di più recente introduzione come l’acido bempedoico e gli anticorpi monoclonali anti PCSK9.